Come forse avrete letto nel precedente articolo, la mia permanenza a San Francisco si era limitata a quel tanto che bastava per rendere omaggio alla città che mi aveva dato il nome. Finiva così quella che consideravo la “parte introduttiva” del mio giro del mondo: nei primi nove giorni di viaggio, infatti, ero stato in costante compagnia di amici, che avevano ammorbidito l’inizio di quell’avventura solitaria, e in un certo modo mi avevano preparato ad affrontarne il resto, completamente solo.
Ora, innanzi a me, restavano le altre 26 settimane.
La foto qui sopra è stata scattata da Damiano a una fermata sulla San Pablo Avenue di Berkeley, mentre attendevo il mio autobus per Merced, California. Sarebbe stata l’ultima volta che avevo accanto una faccia nota ed amica per parecchi mesi.
Saluto Damiano, e rimango ad aspettare l’autobus che mi porterà verso sud, solo. Lo stomaco si stringe per un momento, quando realizzo che da adesso in poi non avrò più amici accanto. Stiamo per iniziare il viaggio vero e proprio, io e il mio zaino.
Come prima destinazione da raggiungere, scelgo un ambiente adatto alla solitudine e alla contemplazione, un ambiente naturale, relativamente selvaggio e molto lontano dalle città: Yosemite National Park, famoso per le cascate che precipitano da pareti rocciose strapiombanti sulla valle, il sogno di ogni escursionista. Arrivo l’indomani, respiro aria pura e fresca, ammiro estasiato i colori autunnali riflessi sulle acque placide, e seduto sul tronco di un albero, assorbo il silenzio e mi sento in pace con me stesso.
Ma dura poco.
Yosemite in autunno ha due grandi difetti: fa un freddo becco, e in giro ci sono solo coppiette, anziani ed escursionisti solitari. Il mio umore contemplativo si smorza piuttosto in fretta. La mattina dopo prendo due autobus e un treno e arrivo ad Hollywood, 15 gradi in più, casino ovunque, e ragazzi e ragazze come se piovessero.
La vita è generosa.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“