Il secondo articolo che scrissi per “Wandering an Incredible Life“, il blog che avevo iniziato in occasione del mio giro del mondo, fu molto più leggero del precedente.
Il viaggio era iniziato da tre giorni appena, e anche se mi ero trovato in compagnia di amici a Londra, una città che già all’incirca conoscevo, mi sentivo sballottato in un’avventura di cui avevo a malapena intravisto l’enorme portata, e certamente non l’avevo ancora compresa.
Era la prima volta che mi trovavo a scrivere per qualcosa di simile ad un pubblico, fatto in questo caso di parenti ed amici, e non avevo ancora individuato quello che sarebbe stato il mio stile narrativo.
Ero soprattutto indeciso tra due grandi tentazioni: da una parte quella di soddisfare l’apprensione curiosa delle persone a casa, che avrebbero voluto conoscere ogni minimo dettaglio di qualunque mia azione o spostamento; dall’altra quella di lasciar maturare liberamente la mia naturale attitudine, la quale mi spingeva a sorvolare sui dettagli per concentrarmi piuttosto sul succo e sulle emozioni.
Il risultato fu uno stile di scrittura dal taglio ibrido e piuttosto leggero, che avrei mantenuto anche nell’articolo successivo. Avrei lasciato spazio alle mie parole più spontanee solo qualche settimana più tardi, all’inizio della parte più dura del viaggio.
Questo è quello che scrissi il 12 Novembre 2009, sul volo American Airlines 137 che mi avrebbe portato a Los Angeles, California.
“Una voce metallica stava annunciando che le turbolenze sarebbero durate almeno una ventina di minuti. La pronuncia mezza masticata e parzialmente incomprensibile era evidentemente quella in dotazione di ogni pilota di linea. L’aereo, sbattuto in ogni direzione da violenti scosse, stava attraversando i movimentati cieli a nord ovest della Scozia. Mentre alcuni passeggeri stavano iniziando a manifestare i primi sintomi di disagio, Wil, a occhi chiusi, ripensava ai due giorni appena trascorsi, e alla città che stava lasciando…”
Ah, mi sono sempre piaciuti i romanzi che iniziano così, nel pieno dell’azione. Senza spiegarti niente ti sbattono in faccia i personaggi, e lasciano che siano le loro azioni e le loro parole a presentarli! Ma adesso non ho tempo di scrivere un romanzo, e passo direttamente al riassunto.
Quindi, Londra. Il volo da Venezia è stato breve, ma sufficiente a cancellare la splendente giornata di sole della partenza. Ad attendermi all’atterraggio, una giornata londinese da manuale. Per fortuna c’era anche Martina.
Martina è quasi una perfetta sconosciuta, ma chissà perché ha deciso di ospitarmi per le mie due notti britanniche. Il suo appartamento, che per delicatezza si potrebbe definire contenuto, è talmente centrale da essere persino sborone: a piedi infatti possiamo raggiungere tutti i luoghi di categoria “da vedere assolutamente se sei il turista medio a Londra”.
Impagabile.
La mia ospite è una guida perfetta, e per due giorni, mentre ci massacriamo a vicenda di chiacchiere, le lascio il comando della spedizione e il compito di impedirmi di suicidarmi sotto le automobili che insistono ad arrivare dal lato sbagliato. Forti della nostra promessa di evitare il tipico giro turistico, visitiamo Buckingham Palace, Westminster Abbey, il Big Ben, la torre di Londra, il Tower Bridge, Piccadilly Circus, Trafalgar Square e Covent Garden.
Adoro i piani ben riusciti.
Entrambe le sere veniamo raggiunti anche da Andrea, un altro esportato oltremanica, che dà il via a una lunga carrellata di aneddoti marpionissimi. Quest’uomo ha la mia più profonda e sincera stima. Martina invece è più silenziosa, ma non è chiaro se è più imbarazzata dalla dilagante assenza di pudore dei compagni di conversazione, o più confusa dalla presenza di ben due maschi indubbiamente eterosessuali allo stesso tavolo. Una rarità da queste parti, sembra.
E adesso che me ne sto andando verso la California, sbattuto dalle turbolenze, penso a queste immagini sorridendo. Ma ci sono anche due sapori che hanno segnato la mia breve permanenza a Londra: un caldo tè Earl Gray, comodamente sorseggiato in uno Starbucks piccolo e sonnolento, un po’ fuori dal giro turistico, e “the best Bloody Mary in town”, il miglior Bloody Mary della città, a detta del proprietario del locale.
Sinceramente non mi sento all’altezza di descrivere quest’ultima bevanda: non conosco sufficienti aggettivi, ma sono tanto contento di essere stato vaccinato contro il colera.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“