(La spada di legno – 1) (La spada di legno – 2)
Era stremato. Aveva passato gli ultimi cinque o sei giorni – non ricordava – a camminare attraverso terre che non conosceva e a nascondersi. Avrebbe voluto spostarsi di notte, quando aveva meno possibilità di essere visto, ma i pochi indumenti che aveva addosso non lo proteggevano abbastanza dal freddo e l’umidità. Si avvicinava l’inverno, e Sendel lo sentiva fin nelle ossa. Trascorreva le notti raggomitolato in un buco o a tremare sotto un mucchio di foglie secche, ma non riusciva a riposare.
Il ricordo dell’uomo che forse aveva ucciso lo teneva sveglio quanto la paura di morire congelato o la fame, e ogni notte piangeva la sua sorte sfortunata.
Non aveva niente. Niente. Solo i pochi vestiti luridi che indossava, una sciocca spada di legno e la promessa di salvare la ragazza che amava dalle mani dei suoi rapitori. Ogni tanto era colpito dalla consapevolezza che Malven doveva essere stata violentata. Lo stomaco si contorceva nel dolore a quel pensiero, ma poteva ancora sopportarlo. Ma era ancora viva? L’idea che la sua amata Malven potesse essere ormai un cadavere, gettato ai margini di un bosco, la pelle che si gonfia, i vermi…
Sendel ricacciava indietro quel pensiero colpendosi il viso, obbligandosi a distrarsi in qualche modo. Malven doveva essere viva. Doveva essere viva, e lui l’avrebbe trovata. Poi la stanchezza aveva sempre il sopravvento, e lui crollava in un sonno agitato.
Il mattino seguente si alzò intorpidito e tremante, pallido come uno straccio e con un buco al posto dello stomaco. Un capogiro lo gettò di nuovo a terra. Il suo ultimo pasto decente era stato quello offerto dal grassone che lo aveva aggredito, quasi una settimana prima. In viaggio aveva rimediato qualche frutto selvatico, ma dopo il Grande Attacco la terra non dava più molto. La sensazione di fame era svanita qualche giorno prima, ma Sendel capì che non avrebbe retto ancora per molto. Doveva rubare qualcosa. Era debolissimo, ma tra finire alla forca e morire di fame non c’era poi una gran differenza.
Tenendosi lontano dalla strada maestra, si incamminò lentamente verso un gruppo di case che aveva scorto il giorno precedente. Quando le raggiunse, trovò un nascondiglio in cui aspettare il tramonto e si addormentò di nuovo, senza riuscire a riposare. Verso sera uscì allo scoperto e si diresse verso la casa più isolata. Era una casupola piuttosto misera, con un piccolo capanno accanto. Forse c’era qualche gallina o un po’ di cibo. Delle uova, magari.
Si avvicinò al capanno con tutta la cautela di cui era in grado. Da dentro le pareti di legno della casa giungeva qualche rumore metallico e lo scoppiettio di un fuoco di legna. Sendel quasi pianse all’idea di potersi trovare sotto un tetto, davanti a un fuoco, a mangiare una ciotola di zuppa calda. Respinse quell’immagine con forza: doveva restare concentrato.
Raggiunse il capanno. Era una bassa costruzione fatta di assi di legno sgangherate, con un tetto obliquo e una piccola porta, chiusa con un catenaccio di legno. Forse dentro c’erano dei semi, magari dei fagioli secchi. Oppure del formaggio. Dei, quanto avrebbe voluto un pezzo di formaggio!
Trattenne il respiro, e allungo le mani tremanti verso il catenaccio, ma non lo raggiunse mai. Un potente capogiro lo fece cadere di lato come un tronco secco.
Si risvegliò al suono di una voce gracchiante, e le prime cose che vide furono le tre punte arrugginite di un forcone a un palmo dal suo viso.
“Che cosa volevi fare, bastardo? Sei un ladro?”
Non riusciva ancora a mettere a fuoco.
“Volevi rubare?” incalzò la voce.
“Cosa c’è, Toman, chi c’è fuori?” chiese un’altra voce.
“Torna in casa, donna! Sarà meglio che parli, ragazzino. Abbiamo un modo molto sbrigativo di trattare con i ladri da queste parti”, e una punta del forcone si appoggiò sulla gola.
Sendel finalmente trovò la forza di scoppiare a piangere.
“Non sono un ladro, signore… sto morendo di fame. Cercavo qualcosa da mangiare, ma non mi uccida la prego! Non sono un ladro! Sono un fuggiasco! Forse ho ucciso un uomo, ma mi aveva aggredito, lo giuro su mia madre e mio padre, io mi sono solo difeso, mi creda signore, lo giuro!”
La punta del forcone si sollevo di un poco.
“Sarà meglio che ti spieghi. Ho tempo.”
Sendel si sollevò a sedere, e raccontò quello che era successo nei giorni passati. Raccontò di suo padre, di suo fratello, di sua madre, del Grande Attacco, di Malven e di tutte le sciagure che gli erano capitate. Poi raccontò anche dell’aggressione dell’uomo grasso, della sua fuga, e della fame e del freddo che aveva patito. Mentre Sendel parlava, senza freni, l’uomo non cambiò la sua espressione, che sembrava intagliata nel legno, ma il forcone si allontanò lentamente dal viso del ragazzo.
“Le ho detto tutto, signore, lo giuro su mia madre, che riposi in pace.”
L’uomo rimase in silenzio per qualche istante, poi piantò il forcone a terra.
“Marem!” urlò. Una donna usci dalla capanna.
“Fai stendere questo ragazzo davanti al fuoco, dagli la coperta vecchia e scaldagli una scodella di zuppa.”
“Ma…”
“Obbedisci. Non lascerò morire di freddo e di fame un ragazzino sulla soglia della mia casa.”
L’uomo rientrò.
“Il ragazzino ha detto il vero. Un mercante di polli è stato ammazzato in una taverna a una settimana da qui. L’hanno trovato con la testa aperta in due. Hai colpito forte, ragazzino”, e rise per la prima volta, lasciando Sendel allibito, con il cucchiaio di zuppa a metà strada tra la scodella e la bocca.
“Comunque dicono fosse un vecchio porco, adescava ragazzini e faceva le sue porcherie. Non mancherà a molti. Era stato già picchiato da più di qualche padre e qualche fratello. Ora non farà più male a nessuno. Però ti stanno cercando lo stesso. L’oste ha visto un ragazzino alto e magro con una spada di legno salire in camera con lui.”
“Ma lei come sa tutte queste cose?”
“Le voci girano velocemente, se sai a chi chiedere. Ora, capisci bene che non possiamo tenerti in casa, ma possiamo nasconderti per qualche giorno, finché non riprendi le forze”
“Signore, non voglio mettervi in difficoltà, davvero. Lei è stato già così gentile che io…”
“Non dire sciocchezze.” Lo interruppe l’uomo. “Non sei nelle condizioni di camminare. Hai bisogno di dormire al caldo, e di mettere un po’ di carne attorno a quegli ossi. Nessuno ti cercherà nella capanna del vecchio Toman, almeno per un altro paio di giorni. Poi dovrai andartene, ma almeno ti reggerai in piedi”
“Signore, io…”
“Basta parlare adesso. Finisci di mangiare e va a dormire. Riposati.”
Sendel obbedì di buon grado. Finì la sua zuppa, leccando i bordi della scodella. Si avvolse in una spessa coperta sgualcita e si stese a terra, vicino al camino. Per un istante pensò di doversi sentire in colpa per l’uomo che aveva ucciso, ma non ci riuscì. Si addormentò subito, gli occhi persi sulle braci.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“