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THE END

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Ho avuto paura, ma me la sono cercata

Tempo di lettura stimato : 3 minuti

Non trovavo il coraggio per andarmene. Così feci la domanda di cui non volevo sapere la risposta, e mi procurai la paura di restare.

fiammiferoAlla fine dell’articolo della scorsa settimana ho scritto una frase che uso spesso: “non chiedetevi se avete abbastanza coraggio, chiedetevi se avete abbastanza paura”.

Lo scopo di quelle parole è dare una visione alternativa al comune pensare: per superare un momento critico della propria esistenza a volte non serve armarsi di solo coraggio.  Se sono riuscito a fare “il salto” e a reinventare in qualche modo la mia vita, infatti, è stato grazie alla paura che provavo per la mia condizione.

Giustamente qualcuno si chiede: ma se oltre a mancare il coraggio, mancasse anche la paura?

In quell’articolo parlo di fiamme, di un mondo che va a fuoco, di una vita che brucia. Ma mica tutti sono così disperati, o vedono le cose in termini di “vita o morte”.

Vi svelo un segreto: nemmeno per me era così, inizialmente. Me la sono cercata.

Ragazzi, parliamoci chiaro. Avevo un buon lavoro, una casa, una macchina. Riuscivo a risparmiare abbastanza e mi potevo concedere anche qualche lusso. Stavo relativamente bene dove mi trovavo. Certo, sapevo di poter trovare di meglio, ma non potevo dire di stare davvero male. Non ero felice, d’accordo, ma nemmeno disperato. Vivacchiavo.

Non avevo il coraggio di mollare la mia piccola zona di confort. Sapevo cosa avrei perso, ma non sapevo cosa avrei trovato. Così aspettavo che le cose si sistemassero da sole. Proprio così: ci sono caduto anche io nel limbo dell’attesa.

Eppure qualcosa dentro di me mi diceva che le cose non si sarebbero mai sistemate, e che quel lavoro sarebbe stata la mia fine. Era una voce insistente, e ogni giorno diventava più forte e credibile.

Sapevo di dover fare qualcosa, ma allo stesso tempo non lo volevo fare.

Finché mi venne un’idea.

C’era una questione importante che non avevo mai affrontato a lavoro. Evitavo l’argomento, come quando non vogliamo andare dal dottore perché sappiamo perfettamente che ci darà cattive notizie.

Andai dal mio capo e gli chiesi: “Che prospettive mi offri per la mia crescita professionale ed economica?” In altre parole: voglio più responsabilità, o voglio più soldi.

La parte più codarda di me si sarebbe accontentata di qualsiasi cosa, pur di non abbandonare le poche sicurezze che avevo. Vedevo la crescita professionale come una cura per la noia che mi uccideva ogni giorno, ma avrei accettato anche un contentino economico. Sì, il Wil di cinque anni fa avrebbe continuato a svendere il suo tempo per solo qualche soldo in più.

Invece il mio capo rispose più o meno così: “Francesco, il mondo è appena entrato in crisi economica. I clienti sono pochi e non possiamo rischiare. Per quanto riguarda le responsabilità, ho paura che ti toccherà fare le stesse cose per un altro po’ di tempo. Per un aumento, soldi non ne ce ne sono.” In altre parole: non cambierà una virgola per tutta la prossima era geologica.

Questa era la risposta che temevo di più, ma era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Una condanna alla noia, al tempo che scorre senza lasciare traccia, all’inutilità. Le mie illusioni di sicurezza crollarono, distrutte dalla paura che io stesso avevo voluto scoperchiare. Quando avvenne, una parte di me provò solo un infinito e inconfessabile sollievo.

Non cercai di controllare la paura, ma la lasciai crescere senza controllo, abbracciandola come il male necessario per curarmi. Divenne terrore, poi depressione e infine lacrime. Solo quando toccai il fondo, trovai la forza di risalire. Saltai dalla scogliera e guarii.

E questa è la morale di questa storia:

Non riuscivo a trovare il coraggio di andarmene. Mi procurai la paura di restare.

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Photo by emmafeir

PS: non so se ho mai ringraziato il mio capo per la risposta che mi diede e per non aver tentato di trattenermi con qualche promessa. Lo faccio ora: grazie.

È uscito il mio nuovo romanzo!

THE END

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Dicembre 11, 2014 - Paura

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore esordiente e padre.
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