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Ho avuto paura

Tempo di lettura stimato : 3 minuti

Per alcuni sono un eroe, un esempio da imitare. “Vorrei avere il tuo coraggio”, mi dicono. Ma io non ho avuto coraggio… io ho avuto paura.

incendio-3Nel 2009 ho mollato un posto di lavoro sicuro come ingegnere. Era l’inizio della crisi economica e per tutti ero un folle. Io non ho ascoltato nessuno e ho speso tutti i soldi che avevo per fare il giro del mondo da solo. Quando sono tornato avevo una vita da reinventare, ed è quello che ho fatto.

Adesso non sono più un folle. Sono “quello che ha avuto il coraggio”, addirittura un eroe per alcuni, un esempio da imitare. “Vorrei avere il tuo coraggio”, mi dicono.

Ma io non ho avuto coraggio…

È una cosa che ripeto in continuazione da quando sono tornato: io non ho avuto coraggio.

Io ho avuto paura.

A distanza di anni tutti guardano quello che ho fatto, e vedono l’impresa idealizzata, il gesto eroico dell’uomo che sceglie il proprio destino. Io stesso l’ho paragonato al salto da una scogliera. Quando sei sulla cima, il mare così lontano sotto di te, serve coraggio per lanciarsi. Ma io non guardavo giù, verso il vuoto. Io guardavo indietro. Il mio mondo stava andando a fuoco. La mia vita stava bruciando. Sul ciglio di quella scogliera io sono stato spinto dalle fiamme, e ne ero rimasto intrappolato. La mia unica scelta era gettarmi nel vuoto o morire lì.

Sembra ancora un gesto così coraggioso, adesso?

Mi sono licenziato perché un giorno ho accostato l’auto per piangere, e ho avuto paura.

Mi sono svegliato un mattino e non riuscivo a ricordarmi come avessi passato i due anni precedenti, e ho avuto paura.

Ho visto i capelli bianchi e i chili in più sulla pancia, e ho avuto paura.

Mi sono reso conto di essere in una trappola mortale da cui avevo sempre meno speranza di uscire, una gabbia sempre più stretta che rubava il mio tempo e mi restituiva solo cose inutili, e ho avuto paura.

Mi sono immaginato a fare quella vita per altri cinque, dieci, vent’anni, e ho avuto paura.

Con le mie rate sulla macchina, il mutuo da pagare, due figli da portare a scuola, il televisore al plasma in salotto a guardare il Grande Fratello 40. Le tende alla finestra, le otturazioni sui denti, il giardino ben curato. Le ferie ad agosto da chiedere al capo. Le promozioni che non arrivano. Le visite dal medico. Gli antiacidi per la gastrite che non passa. “Come va il polso?” “Eh, male. Sto troppo al computer, ma come faccio?”. E ho avuto paura.

Una macchina che mi investe, mi spezza e mi getta venti metri più in là, dieci secondi per ripensare a quello che è stato e ricordare di aver avuto un sogno una volta, ma ora è troppo tardi, mentre il sangue e la vita mi scivolano via dal corpo. E ho avuto paura.

Oppure una malattia. Una lenta agonia, steso sul letto di un ospedale, incapace di muovermi anche solo per gettarmi dalla finestra e porre fine al dolore. “Datemi solo cinque minuti di libertà”, urlerei, e la farei finita. Ma non ho altri cinque minuti. Non li ho più. Il tempo è finito ormai, e io mi guardo indietro e vedo la mia vita, come l’ho sprecata, cosa potevo fare e non ho fatto. Potevo essere qualcuno. Potevo anche essere “nessuno”, ma felice. E invece sono semplicemente nessuno, e il tempo è scaduto. E ho avuto paura.

No… non ho avuto solo paura. Ero terrorizzato.

Possono dirmi tutte le volte che vogliono che c’è bisogno di coraggio per mollare un lavoro sicuro in piena crisi economica e fare il giro del mondo da solo. Ok, forse ce ne vuole un po’, d’accordo. Ma io dico che ce ne vuole molto di più a rimanere dove sei, quando hai già visto la tua morte in faccia.

Non ho fatto “il salto” perché ho avuto il coraggio di affrontare l’ignoto, ma perché ho avuto paura di restare in un mondo che conoscevo fin troppo bene.

E se adesso anche voi state ripensando a quello che ho fatto, e magari mi invidiate o mi ammirate per questo, non chiedetevi se avete abbastanza coraggio per fare altrettanto.

Chiedetevi se avete abbastanza paura.

Photo Credit: USDAgov via Compfight cc

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THE END

Thriller distopico

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Dicembre 4, 2014 - Paura

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore esordiente e padre.
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