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La metafora dello zaino, ovvero l’arte di prepararsi alla vita

Tempo di lettura stimato : 3 minuti

Preparare lo zaino è un'arte sottile. Prepararsi alla vita non è poi molto diverso.

zaino-fermata-treno-WanderingWilSpesso, quando parlo con chi è interessato ai miei viaggi e alle mie esperienze, mi capita di utilizzare la “metafora dello zaino” per illustrare un mio pensiero ricorrente sulla vita e sull’utilità delle cose.

Lo zaino, che per quanto mi riguarda è l’unico modo sensato di trasportare i miei bagagli in viaggio, e per cui mostro un affetto quasi cameratesco, mette a mia disposizione una ovvia capacità limitata, sia in termini di ingombro (volume) che di peso trasportabile.

Anche se posso trovare un po’ di spazio aggiuntivo appendendo oggetti all’esterno, e con un po’ di esercizio mi posso abituare a pesi sempre maggiori sulle spalle, ci sono comunque dei limiti che non ha senso oltrepassare per non trasformare qualsiasi camminata di pochi passi in una autentica tortura.

Per il giro del mondo #1, ad esempio, ero partito con uno zaino ordinatissimo che pesava tredici chili. Sei mesi dopo sono tornato con uno zaino che ne pesava più di venti, con scarpe, giacca e sacco a pelo agganciati fuori, e quello probabilmente era il mio limite massimo di comfort.

Ora, proprio in conseguenza della sua capacità limitata, lo zaino ci costringe a valutare l’utilità del nostro bagaglio e diventa in qualche modo un metro di giudizio, un filtro.

Tra due magliette colorate, per esempio, una delle quali può essere indossata solo con un particolare paio di pantaloni, mentre l’altra con tutto, prediligo la seconda, perché è più versatile.

Non porto un maglione di lana grosso e pesante per prepararmi al freddo, ma preferisco un sottile e altrettanto caldo maglioncino di micropile, perché è più leggero e meno voluminoso.

Alle scarpe belle ma delicate scelgo piuttosto un paio di calzature robuste con cui posso camminare, andare in montagna e magari andarci pure a ballare.

(Poi ci sono gli oggetti che servono una volta in tutta la vita, ma sono insostituibili. Un mezzo rotolo di carta igienica nel momento del bisogno e si riscopre la propria fervente religiosità, ve lo garantisco, ma questo è un altro discorso)

Una volta stabilito il nostro personale e specifico criterio di utilità, lo zaino agisce come un filtro: non importa il nostro attaccamento agli oggetti, la loro marca o il loro costo, quello che rimane fuori dallo zaino è meno utile di quello che entra. Punto.

Chris McCandless, conosciuto anche come Alex Supertramp, lo sfortunato ragazzo divenuto inconsapevole protagonista di “Into the wild”, sembra che una volta abbia scritto sul suo diario: “un uomo dovrebbe possedere solo ciò che riesce a trasportare in uno zaino a passo di corsa“. A me non piace correre e preferisco di gran lunga camminare, ma credo che il punto sia chiaro: se possiamo affrontare un viaggio di mesi solo con quello che portiamo in uno zaino, allora quello che ne rimane fuori è tutto superfluo.

Preparare uno zaino è un’arte sottile su cui un giorno scriverò sicuramente qualcos’altro, ma qui non voglio parlare di bagaglio, bensì di vita.

Perché in fondo, non trasportiamo noi stessi dei grossi bagagli, costantemente addosso, sulle nostre spalle?

Noi tutti procediamo lungo le strade delle nostre esistenze, raccogliendo nel frattempo oggetti, sensazioni, ricordi, progetti, emozioni, idee, passioni, sentimenti, aspettative, relazioni, voci, timori.

Accumuliamo dentro e fuori di noi cose su cose, gettandone via poche e solo raramente, e dopo anni magari non ci rendiamo nemmeno conto di quanto “il nostro zaino” sia diventato pesante e ingombrante, di quanto ci ostacoli il cammino, forse fino al punto da schiacciarci al terreno e impedirci di proseguire.

Allora fermiamoci un momento, facciamo il punto della situazione, e controlliamo il nostro bagaglio!

Dal mio zaino di viaggio ideale vorrei sicuramente scaricare tutti i pesi inutili, per tenere solo ciò che ho di leggero, utile e importante, e lasciare tanto posto alle cose nuove che sicuramente verranno: così dovrei fare anche con me stesso.

Scelgo quindi di portare con me la prudenza, ma non le paure.

L’apertura mentale, non il pregiudizio.

L’entusiasmo, ma non le illusioni.

Il coraggio, non l’incoscienza.

Porto sicuramente i desideri, la passione e tutti i miei sogni, ma lascio i pesi del passato a casa.

Le mie convinzioni, le mie idee e i miei progetti, non le aspettative altrui.

Il silenzio, non il rumore.

L’amore, non la diffidenza.

Ecco, se la vita è un viaggio, allora è decisamente meglio viaggiare leggeri, voi non trovate?

Il mio nuovo romanzo!

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Avventura | Mistero | Riscatto

“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“

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Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Francesco Grandis

Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore, editore e padre.
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