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Giorno 59: La vera storia del Machu Picchu

Tempo di lettura stimato : 3 minuti

La vera storia del Machu Picchu, quella che nessun libro di storia vi racconterà mai!

machu-picchu-wandering-wil-2I libri di storia mentono.

Mi occorse di intuire la vera storia del Machu Picchu il 7 Gennaio 2010. I dettagli di quella che possiamo chiamare a tutti gli effetti una rivelazione sono intimi e profondi, ma non voglio dilungarmi troppo. Riporto fedelmente la storia, così come l’ho trascritta gelosamente il giorno stesso, e come verrà tramandata ai posteri da oggi in poi.

Allora, la storia inizia così: c’è un Inca, che si chiama Toni. Toni va dal capo villaggio Inca e gli fa: “Capo villaggio Inca! Senti senti che idea formidabile che ho avuto! Perché non costruiamo una città nel posto più scomodo, impervio e irraggiungibile di tutte le Ande?”. Il capo villaggio Inca, che è saggio, ci pensa due minuti, giusto perché è quello che si suppone faccia un capo villaggio Inca, e invece di scaraventare Toni dalla prima rupe disponibile in onore di Inti, il dio Sole, gli risponde: “Eh! Perché no?”.

E dopo una strage di Incas morti a spaccare pietre e a trasportare terra in cima a una montagna, viene costruita Machu Picchu. C’è la zona agricola, quella residenziale, quella intellettuale, l’artigianale, il tempio, la locanda e tutto il resto. Una città completa insomma. E assolutamente irraggiungibile, come voleva Toni.

Però Toni non è contento, e dopo un po’ di tempo torna dal capo villaggio Inca, e gli fa: “Capo villaggio Inca, Machu Picchu tutto sommato non è male, dai… però quando parlavo di posto scomodo, impervio e irraggiungibile, parlavo di quel colle laggiù, quello con le pareti verticali, strapiombanti e praticamente inaccessibili. Perché non costruiamo qualcosa la? Daiiii”. Il capo villaggio Inca, che è saggio, ci pensa due minuti, e invece di sacrificare Toni agli dei sventrandolo lentamente e dolorosamente sul primo altare libero, gli risponde: “Eh! Vabbè dai!”

E dopo un sterminio di Incas precipitati nel vuoto e stramazzati dalla fatica, viene costruito Wayna Picchu. Tre case in cima a un colle dalle pareti verticali.

Toni finalmente è contento, il capo villaggio Inca, che è saggio, anche. Una settimana dopo arrivano gli spagnoli e conquistano gli Incas che tanto si sono già decimati da soli. Machu Picchu e Wayna Picchu però sono lasciati stare perché è troppo faticoso raggiungerli.

Cinque secoli dopo arrivo io, mi sveglio alle 3 di mattina, faccio 4 miliardi di scalini e alle 5 sono davanti a Machu Picchu. Prendo il numeretto (56) per salire sul Wayna Picchu e parto. Dopo 6 godzillioni di scalini praticamente verticali, mi ricordo che soffro anche io di vertigini, ma è decisamente troppo tardi.

Vaffanculo Toni.

Scherzi a parte: il Machu Picchu è una di quelle destinazioni che pur essendo molto turistica, molto affollata e molto costosa, io mi sento di raccomandare assolutamente. La città, costruita sulla cresta di una montagna, è praticamente intatta, e camminare per  le viette che una volta erano abitate regala una sensazione strana e ineguagliabile: con un po’ di immaginazione le case tornano a essere ancora abitata, e passeggiando tra le viette sembra che sia possibile bussare alla porta di un’abitazione, o fermarsi alla locanda per parlare un po’ col Toni.

Per arrivare alle rovine si può prendere un comodo autobus, ma se uno vuole essere sicuro di raggiungere il Wayna Picchu, per cui è previsto il numero chiuso ai primi 200 (o 400?) che si presentano all’ingresso, allora l’accesso alla città è veramente impegnativo. Per essere sicuri di rientrare tra i pochi fortunati è necessario arrivare presto all’apertura dei cancelli, è l’unico modo è salire lungo l’antica scala Inca,  ripidissima, partendo alle 3-4 di mattina. Fatto questo, salire al Wayna Picchu è un altro incubo: la scala è praticamente verticale, scivolosa, senza sicurezze, e assolutamente vertiginosa. La vista da lassù, però, è impagabile. Guardare le foto per credere.

Grazie, Toni.

(foto in alto: il Wayna Picchu è il colle a punta sullo sfondo. La scala per salire è sul lato illuminato dal sole, e siete bravi se la vedete. In cima al colle ci sono alcuni edifici che una volta erano abitazioni dei sacerdoti e delle vergini. Come mettere assieme capre e cavoli, insomma.)

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Febbraio 8, 2014 - RTW 1, Viaggi

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Sulla strada giusta
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Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore esordiente e padre.
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