Dopo aver guadato un fiume apparso dal nulla, aver litigato tutta la notte con un finestrino, aver rischiato la rissa, aver dormito su un sedile sfondato, ed essermi fermato nel deserto per una notte senza avviso, ricorderò per sempre gli autobus boliviani come l’esperienza più pericolosa, scomoda, e delirante della mia vita. In qualche modo, comunque, la mattina dopo Santo Stefano del 2009 arrivo a La Paz, capitale della Bolivia.
E’ veramente orrenda.
Nel giro dei diciotto giorni successivi tocco alcune delle principali mete di interesse turistico di questa parte del mondo: le splendide rovine di Tiahuanaco, il lago Titicaca, la Isla del Sol, dove decido che festeggiare il capodanno non è così fondamentale e passo la mezzanotte semplicemente scrivendo sul mio diario di viaggio (mentre dall’altra parte dell’isola risuonava un ridicolo rave techno), poi Cuzco e tutta la Val Sagrada, il Machu Picchu, e poi a sud verso Arequipa e il Colca Canyon.
La regione è indubbiamente meravigliosa, ma l’eccesso di turismo, quello della peggior specie, ha rovinato gran parte dell’esperienza.
Ricordo Cuzco, la splendida città in cui ho cominciato a contare i “No, gracias” che ero costretto a usare con l’interminabile folla di peruviani che mi volevano rifilare di tutto, dal menù dei ristoranti, alle escursioni, ai famosi (?) massaggi locali. Dopo mezz’ora e 50 “no gracias” ho smesso di contare.
Ricordo il tour del Colca Canyon, il più profondo al mondo, sebbene non il più spettacolare, a caccia di qualche foto dei maestosi condor, e i poveri bambini e i poveri animali schiavizzati per permettere a qualche sciocco e ricco turista di scattare l’ennesima foto sorridente e fasulla.
Un giorno scriverò un articolo sulla varietà idiota e dannosa del turismo, ma per adesso vi lascio alle foto che sono riuscito a scattare, di cose belle come di cose brutte, e lascio giudicare voi!
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“