“Ti è piaciuta la storia, Sendel?”
“Si, moltissimo! È la mia preferita! Anche io da grande voglio essere un eroe!”
“Ma certo… Ora però va a dormire, d’accordo?”
“Padre?”
“Si?”
“Come si diventa un eroe?”
Il padre guardò il figlio con un mezzo sorriso assonnato.
“Beh… basta sventolare una spada in faccia a qualche drago, penso. Ora basta però, va a dormire.”
“E come si fa ad avere una spada?”
“Quelle sono cose per ricchi, Sendel. Tutti i nobili ne hanno una. Ma io sono un contadino, e tu sei mio figlio, per cui ti dovrai accontentare di una zappa. Ora dormi.”
“Ma padre…”
“A dormire!”
Sendel si coricò a malincuore, tirando fino al mento lo straccio bisunto con cui si copriva la notte. Dall’altro lato della stanza la madre borbottò, mentre il padre si infilava accanto a lei sotto la pelle del giaciglio più grande. “Te l’ho detto che devi smetterla di raccontargli quelle storie. Si fa strane idee.”
“Non dire sciocchezze, donna. È solo un ragazzino. Crescendo si renderà conto di come vanno le cose. Non c’è niente di male a sognare finché si è piccoli. Quelle storie me le ha raccontate mio padre, e guarda dove sono adesso.”
“Che vorresti dire?”
“Che ad ascoltare storie di eroi si può finire in un enorme castello come questo, a fianco della più splendida principessa di tutte le terre dell’Ovest. Ora apri le gambe, svelta!”
Sendel non sentì la madre ridacchiare, mentre suo padre si infilava in lei. Quando gli ultimi bagliori del fuoco si erano già spenti, lui aveva ancora negli occhi il grande Guillem. Stava caricando il drago cavalcando sul suo destriero bianco, urlando il grido di guerra dei suoi antenati.
Era la creatura più bella sui cui aveva mai posato gli occhi. Nei racconti del padre tutte le donne erano sempre “le più belle” di una terra o dell’altra. Sendel se le immaginava come creature luminose, leggere, quasi immateriali, ben diverse dalle donne pesanti e tozze che lavoravano nei campi del villaggio, sudate e vestite di scuro. Quando vide Malven per la prima volta, capì di essersi sbagliato. La bellezza era qualcosa di tangibile, era un sorriso completo e perfetto che illuminava il volto, erano occhi azzurri come il cielo in estate, erano capelli biondissimi come il grano che suo padre falciava.
Aveva più o meno la sua età, sei o sette inverni al massimo. Si era trasferita con la famiglia al villaggio in primavera. Suo padre era un mercante di pelli, o qualcosa del genere, ma si era preso un brutto male ed era morto. La madre era venuta a stabilirsi in una piccola proprietà, poco lontano dai campi in cui lavorava la famiglia di Sendel. Erano diventati amici, e lui non perdeva occasione di correre verso la sua casa, per giocare assieme a lei. In paese avevano già iniziato a fare battute.
“Guarda che bella coppietta! Sendel è proprio innamorato della piccola Malven!”, ridevano.
Era vero. Sendel era innamorato perdutamente. Una volta glielo disse. Le tese un mazzetto di margherite di campo e disse: “Voglio sposarti, Malven”.
Lei aveva sorriso, e lui si era sentito germogliare mille milioni di fiori nel cuore.
“Va bene. Ma non siamo un po’ troppo piccoli? La mamma dice che è presto per queste cose.”
“Posso aspettare. Ma voglio sapere che sarai mia”. Lo disse con una serietà insolita, per un ragazzino di soli sette inverni.
“Va bene. Quando sarai grande vieni a cercarmi, e se sei ancora bello come adesso ti sposo.”
“Come farò a sapere se sono grande abbastanza?”
“La mamma dice che queste cose si capiscono. Verrà il momento, dice.”
“Verrà il momento”, ripetè Sendel sotto voce, come fosse una formula magica. Ma Malven lo spinse a terra ridendo, e scappò per farsi rincorrere. Era il loro solito gioco.
Ma il momento non venne.
Venne la guerra, invece, e si portò via il fratello maggiore di Sendel. Venne la carestia, e si portò via la madre di Malver e tutti i raccolti. Vennero anche i banditi, e si portarono via il bestiame e la madre di Sendel, dopo averne usato il corpo ancora vivo.
“Eccoli, i tuoi eroi!”, imprecò il padre, schiumando dalla bocca. “Sporchi bastardi che ammazzano tutto quello che vedono per riempirsi la pancia. Credi che basti avere una spada per essere grandi? Credi che basti andare a combattere? Guarda tuo fratello. Tuo fratello era uno stupido, e si è fatto ammazzare come un cane per il suo padrone! Come un cane!”
“Mio fratello credeva in qualcosa, vecchio scemo! Ed è morto per un ideale!”
“Ma quale ideale, Sendel! Non ci sono ideali per quelli come noi. C’è solo la terra. La terra. Per qualche anno ci stiamo sopra, zappiamo, seminiamo, coltiviamo, ci spacchiamo la schiena. E poi un giorno ci finiamo sotto. Questo è tutto quello che abbiamo, ragazzino, la terra! E ora c’è dentro tuo fratello, e tua madre, e ci finiremo anche io e te. È questo il nostro destino.”
“Tu mi dicevi sempre che gli eroi combattevano per scegliere il proprio destino!”
“Erano solo storie, stupido, storie per farti addormentare!”
Poi venne la malattia, e si portò via anche il padre di Sendel. Gli restava solo Malven, cresciuta troppo in fretta ad accudire le sue due sorelle più piccole. E per ultimo venne il Grande Attacco, e si portò via anche loro. Rubate, rapite per essere vendute come schiave, o uccise, chissà.
Sendel aveva quindici anni. La capanna in cui aveva vissuto fino ad allora era bruciata. I campi erano deserti. Le genti piangevano i loro morti.
Strinse la sua spada di legno, guardando il fumo denso annerire il cielo. La strinse fino a farsi venire le nocche bianche. Per farsela costruire aveva speso tutto il rame guadagnato in tre anni come aiutante del mastro ferraio. Era in corniolo, un legno resistente e duro come la pietra. Aveva fatto incidere a caldo due parole, sui lati opposti della lama. Per farsi scrivere i segni corretti aveva dato il suo ultimo quarto di rame a un cantastorie di passaggio. “Giustizia”, da un lato, e “Vendetta”, dall’altro. Ormai non ricordava nemmeno più qual era una, e qual era l’altra. Non sapeva leggere quei simboli sottili ed eleganti, ma ne conosceva perfettamente il significato.
Tutto il suo mondo era finito bruciato o sotto terra, come diceva suo padre. Non gli restavano altro che quella spada di legno, e una promessa.
“Verrà il momento, Malven. Io ti troverò, dovessi attraversare tutto il mondo per farlo.”
E iniziò a camminare verso nord.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“