La spada di legno – 1: il ragazzino che voleva essere un eroe
“Non so” rispose Sendel “è una direzione come un’altra. Tutti gli eroi delle storie vengono sempre dal nord. Ho pensato fosse una buona idea cominciare da lì a cercare Malven.”
L’uomo rise sguaiato, lasciando perplesso il ragazzino accanto, poi bevve una lunga sorsata dal boccale di legno che teneva di fronte. Anche Sendel aveva un boccale davanti, ma beveva più lentamente. Non era abituato alla forte birra che servivano nella contea di Edorach. Era un liquido bruno e denso, quasi oleoso, e ogni sorso gli lasciava la testa intontita e uno strano sapore dolciastro in bocca. Una volta suo fratello maggiore, Mennoodel, ne aveva portata a casa una fiasca. Non gli disse mai come se la fosse procurata, ma si chiusero nel fienile e la bevvero insieme. Suo padre li aveva ritrovati l’indomani, ubriachi fradici, Sendel con i vestiti sporchi di vomito. Si presero una mezza dozzina di vergate a testa, per quella cosa, ma – per gli dei! – Quanto si erano divertiti!
Il ricordo del fratello strinse un nodo alla bocca dello stomaco del ragazzino, e l’idea di bere ancora iniziò a disgustarlo. Ricacciò indietro le lacrime mentre allontanava il boccale sul bancone di legno.
“Non ti va più?”, chiese l’uomo grasso. Era stato lui a offrirgli di seguirlo. Lo aveva visto camminare ciondolante ai lati della strada, stanco morto e affamato. Lo aveva fatto sedere sul suo carretto, assieme a due balle di fieno e una gallina, e lo aveva portato alla locanda, dove gli aveva fatto servire pane, formaggio e quel boccale di birra.
“Sai cosa penso?”, proseguì senza aspettare la risposta. “Non dovresti andare a nord. Vai a est piuttosto. C’è una città che si chiama Valdastor. È a una dozzina di giorni di cammino da qui, ma con le tue gambe lunghe forse ci metterai anche meno. Ci vive un veggente. Non ci sono mai stato, ma dicono che veda tutto. Forse vede anche dov’è nascosta la tua Malven. Sempre se è ancora viva…”
“Certo che è viva!”, scattò Sendel, mentre il volto si arrossava d’ira. La mano era corsa all’elsa della spada di legno al suo fianco. “È viva e io la troverò!”
“Ma certo, certo…” rise ancora il grassone. “Facevo solo per dire. Togli la mano da quella spada, adesso, su, e bevi la tua birra.”
Sendel si sedette di nuovo al banco. Avrebbe voluto dirgli che non gli andava più di bere quell’intruglio, ma aveva paura di sembrare un ragazzino agli occhi del suo ospite, soprattutto dopo l’ultima cosa che aveva detto. Prese il boccale e trangugiò d’un fiato quello che restava della birra. Fu un errore.
“Forse è meglio che vada, adesso, signore” disse, respirando a fondo per cercare di controllare il capogiro.
“Ma dove vuoi andare? Ormai il sole è quasi tramontato.”
“Posso camminare ancora, e poi non ho soldi per pagare un letto qui. Dormirò da qualche parte lungo la strada.”
Il grassone si girò sulla sedia a guardare il ragazzino che si era alzato. Era alto e slanciato, forse un po’ troppo magro, ma ben fatto. Occhi nerissimi come i capelli. Lasciò il suo sguardo vagare ancora un po’ su quella pelle, liscia e stranamente chiara per un figlio di contadini. La spada al fianco legata con un tratto di corda era ridicola, ma dava al ragazzino un’aria selvaggia, quasi da vero avventuriero.
“È troppo tardi per mettersi in cammino ora” disse. “Le strade saranno buie, e dopo il Grande Attacco sono diventate anche più pericolose. Ho preso un letto per questa notte, puoi dormire a terra nella mia stanza. Ti farò portare un pagliericcio. E domattina ti accompagnerò un pezzo con il mio carretto.”
La proposta era allettante. Sendel aveva le gambe rigide e la testa pesante. La camminata dei giorni precedenti gli aveva lasciato i piedi indolenziti e le caviglie doloranti. Un buon sonno al riparo da un tetto gli avrebbe fatto bene. C’era qualcosa di strano nello sguardo dell’uomo, però era davvero stanco, e l’idea di un pavimento su cui dormire gli fece venire le palpebre ancora più pesanti.
“Va bene, lei è davvero molto gentile, signore”.
Il grassone finì la birra e si alzò. “Certo. Ora andiamo”.
“Puoi stenderti là”, disse.
“Grazie ancora, signore. È stato davvero gentile. Aveva ragione, camminare ora non sarebbe stata una bella idea. E poi il pane, il formaggio… e la birra. Grazie.”
“Oh, non serve che ringrazi. È un piacere per me. E poi troverai un modo per ripagarmi.”
“Ripagarla?”
Il grassone si avvicinò. Era imponente.
“Certo, ragazzino. Cosa pensavi, che ti avrei offerto un pasto e un tetto per sola carità?”
Sendel si drizzò in piedi. La spada di legno era ancora al suo fianco, ma lo sguardo era appesantito dalla birra. La fiamma della candela non era sufficiente a illuminare la stanza, ma in quella luce tenue gli parve di intravedere un ghigno nel volto dell’uomo, alto una spanna più di lui e pesante almeno il triplo.
Vuole derubarmi, pensò.
“Io… io non ho niente per ripagarla.”
“Oh, certo che ce l’hai.”
La spada. Vuole la spada!
“Non posso darle la mia spada!”, e la mano corse veloce all’elsa. Cercò di estrarla, ma aveva fatto il nodo troppo stretto e non ci riuscì. Le dita non si muovevano come dovevano. Armeggiò qualche istante, poi l’uomo lo afferrò per le spalle. Solo quando vide da vicino lo sguardo lascivo dell’uomo posarsi su di lui, capì che cosa egli volesse davvero.
“A me non interessa la tua sciocca spada di legno, ragazzino”, poi lo spinse a terra con forza e si sedette su Sendel, spingendogli l’aria fuori dai polmoni. Gli prese le braccia e gliele spinse contro il pavimento, bloccandole. Si chinò sul suo viso, e iniziò a leccargli la faccia. Il suo alito fetido puzzava di birra e gli fece venire la nausea.
“Non ho mai visto un ragazzino con una pelle più bella della tua. Ora girati, svelto.”
Lo costrinse a girarsi supino quasi senza sforzo, ma la spada era ancora legata alla vita del ragazzo e si incastrò nel movimento. Il grassone dovette alzarsi un istante per farla passare dall’altro lato, alleggerendo la presa. Sendel ne approfittò. Si allungò fino a prendere il pitale di terracotta e colpì dietro di sé alla cieca, frantumandolo. Una ferita gli si aprì sul palmo della mano sinistra, ma non ci fece caso. Riuscì a divincolarsi dalla presa e a liberarsi, mentre il grassone bestemmiava furiosamente sopra di lui. Si teneva una mano sul viso, mentre piccoli rivoli di sangue scorrevano tra le dita. Aveva i pantaloni abbassati, e il suo membro flaccido e osceno ne penzolava fuori.
“Maledetto bastardo!” schiumò l’uomo.
Sendel non era ancora del tutto lucido. Non riusciva a sciogliere il nodo sulla spada, ma tirò con disperazione e riuscì a liberarla, strappandola via.
Colpì con tutte le forze che aveva in corpo.
“Perfetto”, pensò coricandosi sul lato meno esposto di un muretto a secco. “Proprio perfetto. Domani lo troveranno, e io sarò un fuggiasco. Comincia bene la mia avventura da eroe.”
Pianse, a lungo e dolorosamente, mentre le lacrime gli scavano solchi sulle guance sporche. Era stanco morto, aveva corso per miglia dopo essere sgattaiolato fuori dalla locanda, gli facevano male i piedi, le gambe e il palmo della mano sinistra, dove si era ferito. Aveva vomitato il pasto appena fuori dal villaggio, e ora aveva fame e sete. Ed era anche un fuggiasco. Non aveva controllato se l’uomo fosse ancora vivo, prima di scappare, ma non faceva alcuna differenza. Se fosse morto, in molti avevano visto un ragazzino salire in camera con lui. Se fosse sopravvissuto, avrebbe potuto denunciarlo. In entrambi i casi lo avrebbero riconosciuto subito. Un ragazzino alto e magro, con una spada di legno al fianco.
La prese in mano, e passò il dito sulle scritte incise ai lati. L’oscurità non gli permetteva di vederle, ma tanto non avrebbe saputo distinguerle. “Giustizia”, diceva una e “Vendetta” l’altra.
Senza accorgersene, sprofondò in un sonno oscuro e senza sogni.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“