Il seguente testo è la mia traduzione del discorso di Bill Watterson, il creatore della popolare striscia di fumetti Calvin e Hobbes, tenuto alla cerimonia di consegna dei diplomi al Kenyon College, Ohio, USA, il 20 Maggio 1990 (testo originale)
A questa persona esemplare, che ha mantenuto intatta la sua integrità personale e artistica, rinunciando a guadagni milionari pur di seguire le sue aspirazioni e di rispettare i propri valori etici, io dedico tutta la mia stima e il mio massimo rispetto.
Ho un sogno ricorrente su Kenyon: sto camminando verso l’ufficio postale mentre vado alla mia prima lezione, all’inizio dell’anno scolastico. Improvvisamente mi rendo contro che non ricordo gli orari, o a quali lezioni partecipo, o dove dovrei andare esattamente. Mentre salgo i gradini dell’ufficio postale, mi accorgo che non ho le chiavi della mia cassetta, di cui in realtà non ricordo nemmeno il numero. Sono certo che tutti quelli che conosco mi hanno scritto una lettera, ma non posso prenderle. Sono sempre più irritato e sconvolto. Torno verso Middle Path, tormentandomi e chiedendomi: “Quanti anni mancano alla laurea? … aspetta, ma non mi sono già laureato? Quanti anni ho?” e poi mi sveglio.
L’esperienza è cibo per l’intelligenza. E quattro anni a Kenyon sono un ricco pasto. Suppongo non sia una sorpresa che il vostro cervello sbufferà Kenyon a lungo. E credo che la ragione per cui continuo ad avere quel sogno è perché la sua immagine centrale è una metafora di una gran parte di vita: non sapere dove si sta andando o cosa si sta facendo.
Mi sono diplomato esattamente dieci anni fa. Questo non mi da una grande esperienza su cui elevarmi, ma sono rincuorato dal fatto che non ricordo niente della mia cerimonia di consegna dei diplomi, e sono convinto che in mezz’ora anche voi non ricorderete la vostra.
A metà del mio secondo anno a Kenyon, decisi di dipingere una copia della “Creazione di Adamo” di Michelangelo sul soffitto della mia stanza. In piedi su una sedia, riuscivo a raggiungere il soffitto, quindi marcai una sezione, disegnai una griglia, e iniziai a copiare l’immagine dal mio libro di storia dell’arte.
Lavorare con il braccio sopra la testa è difficile, cosi qualche mio amico, più ingegnoso di me, improvvisò una impalcatura impilando due sedie sul mio letto, e appoggiando tra le sedie e l’armadio il tavolo del salone. Arrampicandomi sul letto e sulle sedie, potevo accomodarmi sul tavolo e stendermi in modo relativamente comodo mezzo metro sotto il dipinto. Il mio compagno di stanza mi passava i colori, e potevo lavorare per parecchie ore alla volta.
Il dipinto mi richiese mesi, e a dire il vero, lo terminai appena prima della fine dell’anno scolastico. Non ero un gran pittore all’epoca, ma quello che il lavoro non aveva in senso del colore e in tecnica brillante, lo guadagnava nell’assurdità di avere un capolavoro dell’Alto Rinascimento nel dormitorio di un college, dall’inconfondibile puzzo di vecchie lattine di birra e biancheria sporca.
Il dipinto donò un’aria di magnificenza cosmica alla mia stanza, e sembro dar vita a prospettive più ampie. Quei noiosi e retorici poeti inglesi non sembravano più così tanto importanti, quando proprio sopra la mia testa Dio infondeva nell’uomo la scintilla della vita.
A me e i miei amici il dipinto piacque così tanto che decidemmo di chiedere il permesso. Come potete immaginare, il direttore fu curioso di sapere perché volevo dipingere un’immagine così elaborata sul mio soffitto, appena qualche settimana prima della fine della scuola. Beh, non arrivi a essere uno studente del secondo anno al Kenyon se non impari a inventarti delle idee che non hai mai avuto, ma immagino fosse evidente che la mia richiesta giungeva a cose già fatte. Finì che mi fu dato il permesso, fintanto che avessi ridipinto e rimesso il soffitto alla normalità alla fine dell’anno. E questo è quello che feci.
A dispetto della futilità dell’intero evento, i miei più piacevoli ricordi del college sono episodi come questo, quando le cose erano fatte a causa di qualche inesplicabile imperativo interiore, piuttosto che semplicemente richieste. Chiaramente, non ho mai speso così tanto tempo o lavorato a qualsiasi progetto artistico autorizzato, o articolo di scienze politiche, quanto a questo singolo atto di vandalismo.
E’ sorprendente quanto duramente ci possiamo impegnare quando il lavoro è fatto solo per noi stessi. E con tutto il dovuto rispetto a John Stuart Mill (filosofo ed economista britannico, esponente del liberalismo e dell’utilitarismo NdW), forse l’utilitarismo è sopravvalutato. Se ho imparato una cosa dall’essere un fumettista, è quanto il giocare sia importante per la creatività e la felicità. Il mio lavoro è essenzialmente trovare 365 idee l’anno.
Se mai un giorno voi voleste scoprire quanto poco interessanti siete veramente, trovate un lavoro dove la qualità e la frequenza dei vostri pensieri determina il vostro benessere. Ho scoperto che il mio unico modo per poter scrivere ogni giorno, anno dopo anno, è lasciar vagare la mia mente in territori nuovi. Per farlo, ho dovuto coltivare uno stato di giocosità mentale.
Non ci viene veramente insegnato come divertirci in modo costruttivo. Abbiamo bisogno di fare ben’altro che cercare passatempi; abbiamo bisogno di ristorarci ed espanderci. Troppo spesso la nostra idea di relax è solamente lasciarsi cadere di fronte alla televisione e lasciare che la sua ruffiana idiozia ci squagli il cervello. Spegnere i pensieri non ci rinvigorisce; la mente è come la batteria di un auto – si ricarica correndo.
Potreste essere sorpresi da quanto velocemente la routine quotidiana e le richieste del semplice “tirare avanti” assorbiranno le vostre ore di veglia. Potreste essere sorpresi da quanto sarete occupati da faccende abitudinarie, piuttosto che da pensieri e domande. Potreste essere sorpresi di scoprire quanto velocemente comincerete a vedere la vostra vita nei termini delle altrui aspettative, piuttosto che degli altrui problemi. Potreste essere sorpresi di scoprire quanto velocemente leggere un buon libro sarà diventato un lusso.
A scuola, vi spingono addosso nuove idee ogni giorno. Nel mondo lì fuori, dovrete trovare la vostra motivazione per cercare nuove idee da soli. Con un po’ di fortuna, non avrete mai bisogno di prendere un’idea e spremerne fuori una battuta, ma in quanto persone brillanti e creative, sarete chiamati a generare idee e soluzioni per tutta la vostra vita. Lasciar giocare la vostra mente è il modo migliore di risolvere problemi.
Per me, è stato liberatorio mettermi ogni giorno nei panni di un ragazzino inventato di sei anni, e riscoprire la mia curiosità. Sono stato stupito da come un’idea conduca ad altre se permetto alla mia mente di giocare e vagare. Oggi conosco un sacco di cose sui dinosauri, e queste informazioni mi hanno aiutato in più di qualche consegna.
Una mente giocosa è anche curiosa, e imparare è divertente. Se darete soddisfazione alla vostra naturale curiosità e manterrete un senso di divertimento nelle nuove esperienze, credo scoprirete che ciò funziona come una sorta di ammortizzatore per la strada accidentata che vi aspetta.
Quindi, com’è il mondo reale? Beh, il cibo è migliore, ma oltre a quello, non lo raccomando.
Non guardo ai miei primi anni fuori dalla scuola con molto affetto, e se avessi potuto parlarvi sei mesi fa, vi avrei incoraggiato a farvi bocciare in qualche materia e ritardare questo momento il più a lungo possibile, ma ora è troppo tardi.
Sfortunatamente, questo era l’unico vero consiglio che avevo in serbo.
Quando ero seduto dove siete voi adesso, ero uno dei pochi fortunati che aveva un comodo lavoro ad aspettarlo. Avrei disegnato per quattro anni fumetti politici per il Collegian, e il Cincinnati Post mi aveva assunto come vignettista editoriale. Tutti i miei amici erano terrorizzati dal famigerato primo anno di legge, oppure erano sconfortati dalle loro possibilità di convincere qualcuno che un diploma in storia aveva una reale applicazione al di fuori dell’accademia.
Ragazzi, quanto ero compiaciuto!
Venne fuori che il mio editore si pentì immediatamente della sua decisione di assumermi. Per la fine dell’estate, mi era stata consegnata la lettera di licenziamento; per l’inizio dell’inverno, ero alle file della disoccupazione, e per la fine del mio primo anno fuori da Kenyon, ero al verde e vivevo ancora con i miei genitori. Potete immaginare quanto mio padre fosse arrabbiato quando scoprì che Kenyon non offriva rimborsi.
Vedere la mia carriera esplodere sulla rampa di lancio mi causò qualche ricerca interiore. Alla fine ammisi che non avevo ciò che serviva per essere un buon vignettista politico, cioè l’interesse per la politica, e ritornai al mio primo amore, le storie a fumetti.
Per anni non ricevetti altro che lettere di rifiuto, e fui costretto ad accettare un lavoro vero.
Un lavoro vero è un lavoro che odiate. Creavo pubblicità per auto e negozi di alimentari nello scantinato senza finestre di una drogheria, e ho odiato ogni singolo minuto dei 4 milioni e mezzo che ho passato a lavorare lì. I miei compagni di lavoro e di prigionia erano in sostanza preoccupati di come timbrare il cartellino nel secondo esatto in cui avrebbero potuto guadagnare altri 20 centesimi senza lavorare.
Era incredibile: dopo ogni pausa, l’intero staff gironzolava nel garage dove si trovava l’orologio, ad aspettare l’ultimo ticchettio. E dopo che la mia auto usata ebbe bisogno di sostituire la guarnizione della testata per due volte, iniziai ad aspettare anche io.
È buffo come a Kenyon si dia per scontato che la gente intorno a noi ragioni più di quanto facciano nell’ultimo episodio di Dynasty. Credo sia questo quello che significa stare in una torre d’avorio.
Ad ogni modo, dopo qualche mese di questo lavoro, desideravo così disperatamente una qualche attività vitale per la mia mente che, durante le pause pranzo, iniziai a leggere quei libri di scienze politiche che per qualche motivo non avevo mai finito quando ero qui. Alcuni di quei libri in realtà non erano nemmeno male. E’ stato un duro colpo scoprire quanto vuota e automatica possa essere la vita quando non ti interessa quello che stai facendo, e l’unica ragione per essere lì è pagare le bollette.
Thoreau (filosofo, scrittore e poeta statunitense, NdW) disse: “La maggioranza degli uomini conduce vite di tranquilla disperazione”
Questa è una di quelle stupide citazioni che incuteranno timore nei vostri cuori man mano che invecchierete. In realtà, io stavo conducendo una vita di disperazione folle. Quando sembrava che avrei passato il resto della mia vita a scrivere cose come: “Follia dei vende-ggiamenti di mezzanotte“, un amico mi confortò dicendomi che la crema risale sempre a galla. Come le persone che si gettano in mare, pensai.
Vi dico tutto questo perché è importante capire che non esiste qualcosa come il successo istantaneo. Farete bene a coltivare in voi stessi quelle risorse che vi porteranno felicità indipendentemente dal successo o dal fallimento. La verità è che la maggior parte di noi scopre dov’è diretta quando arriva a destinazione. In quel momento, ci giriamo e diciamo: “beh, certo, questo è ovviamente il posto in cui stavo andando”. E’ una buona idea cercare di godere del panorama e delle deviazioni, perché probabilmente ne farete qualcuna.
Non ho ancora disegnato il mio fumetto tanto a lungo quanto il tempo che mi ci è voluto per ottenere quel lavoro. Sopportare cinque anni di rifiuti per trovare un lavoro richiede o una fede in sé stesso che rasenta la fissazione, o amare il proprio lavoro. Io amavo il lavoro. Disegnare fumetti per cinque anni senza paga portò a casa la convinzione che il divertimento nel disegnare non era nei soldi, era nel lavoro stesso. Questo divenne una importante considerazione una volta che i risultati finalmente arrivarono.
Come molte persone, scoprii che quello che stavo cercando non fu quello che trovai. Volevo essere un fumettista da quando ero grande abbastanza da leggere fumetti, e non ho mai veramente pensato a questo come a un affare. Non avevo mai considerato che le vignette che avrei creato sarebbero state alla mercé di un parassita succhia-sangue chiamato “agenzia”, e che avrei dovuto affrontare incalcolabili decisioni etiche mascherate da semplici decisioni d’affari.
Per prendere una decisione d’affari, non serve molta filosofia; tutto quello che vi serve è avidità, e forse un po’ di conoscenza delle regole del gioco.
Mentre la mia striscia di fumetti diventava sempre più popolare, la pressione a capitalizzare quella popolarità aumentò fino al punto in cui passavo tanto tempo a urlare ai dirigenti quanto a disegnare. Il merchandising dei fumetti è un’industria da 12 miliardi di dollari l’anno e comprensibilmente l’agenzia voleva una fetta di quella torta. Ma più pensavo a cosa volevano fare con le mie creazioni, più in contrasto sembravano le ragioni per cui disegnavo fumetti.
Vendersi è normalmente una questione di accettazione. Venditi, e in realtà stai accettando il sistema di valori, regole e premi di qualcun altro.
La cosiddetta “opportunità” che mi venne offerta avrebbe significato cedere la mia voce individuale per quella di una azienda avida e senza scrupoli. Avrebbe significato che lo scopo del mio scrivere era vendere, non comunicare. Il mio orgoglio nella creazione sarebbe stato sacrificato per l’efficienza della produzione di massa e del lavoro degli assistenti. La paternità sarebbe diventata decisione del consiglio. La creatività sarebbe diventata lavorare per una paga. L’arte sarebbe diventata commercio. In breve, il denaro avrebbe dovuto fornire tutti i significati di cui avrei avuto bisogno.
Quello che l’agenzia voleva fare, in altre parole, era trasformare la mia striscia di fumetti in tutto ciò che di calcolato, vuoto e automatico io odiavo del mio lavoro precedente. Avrebbero reso i miei personaggi imbonitori televisivi e slogan da T-shirt, e mi avrebbero privato dei personaggi che esprimevano in realtà i miei pensieri.
Su quei termini, trovai l’offerta facile da rifiutare. Sfortunatamente, anche l’agenzia trovò il mio rifiuto facile da rifiutare, e ormai litighiamo da tre anni. Questa è l’economia americana, credo, dove il desiderio per un profitto osceno zittisce ogni discussione della coscienza.
Incontrerete i vostri dilemmi etici in ogni parte delle vostre vite, sia personali che professionali. Abbiamo tutti desideri e bisogni differenti, ma se non scopriamo cosa vogliamo da noi stessi e per cosa lottiamo, vivremo passivamente e insoddisfatti. Presto o tardi, a tutti verrà chiesto di compromettere noi stessi e le cose che amiamo. Definiamo noi stessi attraverso le nostre azioni. Con ogni decisione, diciamo a noi stessi e al mondo chi siamo. Pensate a cosa volete da questa vita, e rendetevi conto che ci sono molti tipi di successo.
Molti di voi andranno a legge, a economia, a medicina, o ad altri lavori post-laurea, e potete aspettarvi quel tipo di stipendio iniziale che, con un po’ di fortuna, vi permetterà di pagare i vostri debiti con l’istruzione entro questa vita.
Ma avere una carriera invidiabile è una cosa, essere felici è un’altra.
Creare una vita che rifletta i vostri valori e soddisfi le vostre anime è un risultato raro. In una cultura che promuove senza sosta l’avarizia e l’eccesso come esempi positivi, una persona felice di fare il suo lavoro è generalmente considerato eccentrica, se non sovversiva. L’ambizione è compresa solo se serve a raggiungere la cima di una immaginaria scala di successo. Chi decide di fare un lavoro meno impegnativo perché gli permette di seguire altri interessi ed attività, è considerato inaffidabile. Una persona che abbandona la sua carriera per stare a casa e crescere i figli è considerato incapace di esprimere il suo potenziale, come se un titolo di lavoro e lo stipendio fossero le uniche unità di misura del valore umano.
Vi verrà detto in centinaia di modi, alcuni sottili altri meno, di continuare a scalare, e non essere mai soddisfatti di dove vi trovate, di chi siete, e di quello che state facendo. Ci sono milioni di modi per vendersi, e vi garantisco che sentirete parlare di ognuno di essi.
Inventare il significato della propria vita non è facile, ma è ancora permesso, e credo che alla fine sarete più felici, grazie alle difficoltà incontrate.
Leggere quei pomposi filosofi qui, in questi remoti edifici di pietra, potrebbe anche non farvi trovare un lavoro, ma se quei libri vi hanno forzato a farvi domande su cosa renda la vita autentica, con uno scopo, con un significato, e che vi ripaghi, avrete a disposizione uno strumento mentale multiuso che vi verrà utile in ogni occasione.
Io credo che scoprirete che Kenyon ha toccato una parte profonda di voi. Questi sono stati anni formativi. Come minimo i vostri compagni di stanza vi avranno insegnato tutte le brutture della natura umana che mai abbiate voluto sapere.
Con un po’ di fortuna, avrete anche avuto almeno una lezione che vi ha trasmesso una scintilla di riflessione o interesse che prima non avevate. Coltivate quell’interesse, e potreste trovare un significato profondo nella vostra vita che nutrirà la vostra anima e il vostro spirito. La vostra preparazione per il mondo reale non è nelle risposte che avete imparato, ma nelle domande che avete imparato a fare a voi stessi.
Diplomati di Kenyon, sospetto che vi scoprire davvero molto preparati.
Vi auguro ogni soddisfazione e felicità. Congratulazioni per il vostro risultato.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“