La strada che porta alla nostra personale felicità è spesso lunga, solitaria e faticosa. Passa attraverso un mare di problemi da risolvere, eserciti di sfide da affrontare, montagne di ostacoli da superare, e per la maggior parte del percorso siamo soli, incompresi o malamente accompagnati.
È per questo che l’ho chiamata la strada “giusta” e non quella “comoda” o “facile”. Più comodo e facile sarebbe non fare niente e aspettare che le cose si aggiustino da sole, ma se state leggendo il mio blog sapete già che non funziona. C’è solo un modo per trovare la felicità: cercarla.
Ci sono momenti in cui ti senti stanco di affrontare l’universo da solo, e ti chiedi chi te l’ha fatto fare. La risposta la conosci, ovviamente, “tu”, ma questo non rende la strada meno ripida.
Ecco, questo per me è uno di quei momenti, quindi mi sembra l’occasione perfetta per raccontarvelo.
Vi ricordate cosa vuol dire per me “la strada giusta”?
Si tratta di fare quattro cose: scoprire cos’è il “necessario” (cioè le cose che ci fanno bene a lungo termine) e coltivarlo, scoprire cos’è il “superfluo” (cioè le cose che ci fanno male a lungo termine) e allontanarlo. Scoperta e azione, scoperta e azione.
È davvero una filosofia molto più semplice da spiegare che da mettere in pratica, perché ognuna di queste quattro fasi richiede tempo e dedizione. Se la fase di “scoperta” richiede una profonda ricerca personale e non, l’azione che ne dovrebbe seguire richiede la risoluzione di innumerevoli altre questioni.
Uno dei grossi problemi è proprio questo: sapere qual è la strada giusta non significa essere in grado di percorrerla subito.
Esempio. Parlo sempre di quanto io ami la natura e il silenzio e di quanto per me siano importanti. Hanno un immediato effetto rasserenante e fanno sicuramente parte del mio bagaglio necessario per la vita. Dovrei vivere circondato da boschi e montagne, sulla riva di un lago o affacciato sulle onde dell’oceano, ma se capire questo è stato relativamente facile, trasferirsi non lo è altrettanto.
Così mi trovo incastrato a vivere in un paesello che -per carità- non è caotico come una grande città, mi offre la possibilità di fare passeggiate in mezzo al verde quando ne sento il bisogno, ma non è di sicuro quel posto naturale che sogno fin dai tempi del Canada.
Oppure penso a come passo le giornate. Nell’agosto del 2013, dopo quattro anni di ricerca e crescita personale, ho scoperto di voler scrivere. Mi sono incamminato subito lungo la strada tracciata da questa decisione, ho allontanato dalla mia vita qualcosa di superfluo (la mia attività di programmatore) e fatto mio qualcosa di necessario (la scrittura). Nel tempo l’idea si è evoluta, e ho capito che volevo scrivere romanzi.
Ottimo saperlo, ma, se questa è la direzione, confesso di esserci ancora abbastanza lontano. Ormai sono praticamente un blogger e passo ancora le mie giornate al computer, questa volta tra caselle di posta, social media e articoli di blog.
Certo, questo è stato il passo necessario che mi ha permesso di arrivare al libro e fargli ottenere un successo inaspettato e per certi versi sconvolgente, ma mentre i piedi prudono per correre verso le mie storie fantasy e i miei thriller fantascientifici, so di non poterlo ancora fare.
Vorrei anche sentirmi libero di sparire dal mondo di internet per sei mesi consecutivi, magari per tornare con un libro nuovo, ma non è ancora arrivato quel giorno. Sono ancora chiuso nella stessa stanzina, seduto alla stessa scrivania, davanti allo stesso computer che sta diventando la mia maledizione.
La distanza tra dove vorrei essere e dove sono in realtà è per me causa di stanchezza, insoddisfazione, noia. Non infelicità, questo no, ma quello in cui mi trovo è sicuramente un tratto di strada in salita. Un tratto che, come al solito, come sempre, dovrò affrontare da solo, basandomi sulle mie sole forze.
Aggiungiamo pure al mio zaino i normali pesi di una vita fatta anche e purtroppo di bollette, di burocrazia e di rapporti non sempre perfetti con gli altri, e forse allora è comprensibile come una persona possa sentirsi stanca. Anche una persona come me, che ha fatto del cammino verso la felicità la propria bandiera.
Credo sia questo che tiene lontano tante persone dal cambiamento e dalla crescita: consapevoli che una scelta drastica come la mia non porterebbe risultati nell’immediato, ma solo dopo anni di duro lavoro su sé stessi. È meno faticoso non fare niente, e accontentarsi di quello che passa il convento.
Ma non fa per me.
Mi prendo il tempo per rifiatare, riorganizzare le idee, magari alleggerire lo zaino da qualcosa di superfluo che si è infilato mentre non guardavo, e poi riparto.
Questa è ancora, e nonostante tutto, la mia strada giusta, e non riesco a immaginarne una migliore. Sono più scrittore oggi di quanto non lo fossi ieri, no? Allora avanti, un altro passo, e poi un altro ancora, come ieri, come domani, come tutti i giorni che verranno.
It’s a long way to the top if you wanna rock and roll, cantavano gli AC/DC.
Photo by Francesco Grandis, Argentina
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“