Ci avete mai fatto caso? Le frasi che iniziano con “eh, ma” sono generalmente cazzate. Questa non fa eccezione. Forse inaugurerò una nuova categoria di articoli che si potrebbe chiamare proprio “eh ma”, in onore delle obiezioni che mi sono sorbito in questi anni. Una delle più comuni è “eh, ma tu sei stato fortunato”, in riferimento ad alcune delle cose che ho realizzato.
Avvertenza: parlare di fortuna in mia presenza è un ottimo modo per farmi imbestialire. Avrò anche iniziato un cammino verso la felicità, sarò zen e tutto, ma non mi sono dimenticato come si manda affanculo la gente. Uomo avvisato…
“Fortunato?” ripeto incredulo.
“Ma sì! Avevi un titolo di studio, e un lavoro che ti ha permesso di viaggiare e vedere il mondo… e poi ‘sta cosa del libro che ti è andato così bene…”
Respiro a fondo e mi calmo. Parliamone.
Iniziamo da un fatto inequivocabile: alcuni eventi avvengono esclusivamente sotto il nostro controllo, cioè dipendono da noi e da noi soltanto. I pensieri che facciamo, per esempio.
Altre cose, al contrario, sono del tutto indipendenti da noi: un meteorite che cade sulla terra o una guerra che scoppia dall’altra parte del pianeta sono ottimi esempi.
Nella realtà quotidiana la distinzione non è così netta. Questi sono gli estremi della scala ma un qualsiasi fatto della vita, in genere, dipende in parte da noi e in parte da fattori fuori dalla nostra sfera d’influenza. Non possiamo controllare direttamente il pensiero di un’altra persona, ma possiamo parlare con lei e forse condizionarla un po’. Allo stesso modo l’esito di un esame può dipendere anche dall’umore di un professore, ma quanto e come abbiamo studiato ha una rilevanza ben maggiore.
È comunque utile concentrarsi su questa distinzione, la cui importanza viene sintetizzata da una bellissima frase. È una specie di preghiera che ho trovato scritta in molte forme e attribuita a persone diverse, e che dice più o meno:
Che io possa avere la forza di cambiare quello che posso cambiare, la serenità di accettare quello che non posso cambiare, e la saggezza di riconoscere la differenza.
Questa frase, da sola, è una lezione fondamentale.
La vita è un flusso di eventi dinamico, che si evolve in continuazione. L’uomo saggio naviga su questo mare sapendo bene che non può cambiare il vento, le onde o le correnti, ma sapendo anche che può mettersi al timone, scegliere una destinazione, governare la barca e usare a suo vantaggio quello che il cielo e l’acqua gli hanno mandato.
L’uomo meno saggio invece cosa fa? Si affida alla fortuna, al caso, alla clemenza del tempo. Molla il timone per imprecare contro la tempesta, lasciando andare la barca alla deriva. Magari da qualche parte arriva lo stesso, ma dove? Se finisce sugli scogli maledirà la sfortuna.
Qualcuno potrebbe obiettargli che forse avrebbe dovuto stare al timone, ma lui risponderà: “Quale timone? Non c’è nessun timone!”
Ecco perché mi fanno girare le palle quando mi dicono che sono stato fortunato, come se questo spiegasse tutto.
Sono stato fortunato? Certo che sono stato fortunato! Sono nato in salute, in uno Stato che con tutti i suoi difetti appartiene comunque alla parte privilegiata del mondo, con una famiglia alle spalle che mi ama e che ha provveduto al mio mantenimento fino alla fine dei miei studi, e che è ancora presente. Sono stato fortunato a ricevere dalla vita alcuni validi strumenti, e a non aver subìto nessun disastro che me li togliesse.
Ma quando mi sono licenziato in piena crisi economica; quando ho fatto il giro del mondo da solo spendendo tutti i soldi che avevo; quando ho scelto per ben due volte la strada che sentivo più mia, anche contro il parere di tutti, avendo il coraggio e la determinazione di percorrerla da solo e fino in fondo; quando ho dedicato un intero anno della mia esistenza a scrivere un libro e a prepararlo per il pubblico; quando, in pratica, ho preso gli stessi strumenti che la vita mi ha dato e ne ho fatto buon uso… quella non è stata fortuna: erano lacrime, sangue, sudore, fatica, intelligenza, determinazione, volontà.
Di sicuro qualcuno ha navigato in acque più difficili delle mie, come altri in acque più facili. E quindi?
Ero comunque io al timone della mia vita, nessun altro, e ho preso in faccia la mia buona dose di acqua, di vento e di tempesta. Mi sono ferito, porto sulla pelle cicatrici che non ostento, e non permetto ad anima viva di dire che ho raggiunto la mia destinazione “perché sono stato fortunato”. E questo non vale solo per me, ma per chiunque abbia sputato sangue per ottenere ciò per cui ha combattuto e lavorato duramente.
Ma è più conveniente credere il contrario, non è vero? Perché è molto meno faticoso delegare al caso il successo o l’insuccesso di tutto.
Azzerando il contributo della responsabilità individuale, in un colpo solo l’uomo si libera dal peso delle proprie azioni e perfino dalla necessità stessa di agire, ha trovato la scusa perfetta per giustificare la propria apatia, e ha messo a dormire gli inevitabili sensi di colpa.
Chi ha mollato il timone ed è diventato passeggero della propria vita, però, è costretto a credere che anche gli altri abbiano fatto altrettanto. Non può credere che ci siano meriti, perché altrimenti finirebbe per chiedersi: “E io? Perché io non sto facendo niente? Perché loro ci riescono e io no?”
Ma questa è una domanda pericolosa, che esige una risposta sincera, e le risposte sincere costano fatica e sofferenza.
È molto più comodo tornare a buttare lo stipendio al lotto e ai videopoker, a vivere la vita come se fosse il film di un altro, e lamentarsi della sfortuna e del tempo. È molto più comodo non farsi domande, e tapparsi le orecchie appena qualcuno rischia di farle. Così si può dormire tranquilli, in perenne attesa del colpo di fortuna che cambierà la vita.
Colpo di fortuna che, stranamente, non arriva mai.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“