Las cataratas del Iguazù, le cascate dell’Iguazù.
Wikipedia mi informa che il parco in questione, al confine tra Argentina e Brasile, si estende per quasi tre chilometri del fiume omonimo, in un sistema di 275 cascate, la più alta delle quali arriva a 70 metri di altezza.
Io so solo che dopo Buenos Aires, una città sudamericana d’origine ma piuttosto europea d’aspetto, qui mi sento catapultato in un pianeta differente, un pianeta fatto di terra rossa e di acqua color dell’ambra, di arcobaleni e di vapori tiepidi, abitato da milioni di farfalle variopinte.
In questo posto l’esplorazione cede il passo alla meraviglia, ed estasiato di fronte a questo immenso spettacolo della natura, ammutolisco e perdo le parole.
Le ritroverò solo molti giorni più tardi, e scriverò il testo che segue.
Questo articolo è rimasto fermo per non so neanche quanti giorni. La verità? Non so cosa scrivere. Ho scritto una prima versione, poi una seconda, infine ho aspettato l’ispirazione. Ma non è l’ispirazione che manca, sono le parole.
Sono in cima alla “Garganta del Diablo”, la Gola del Diavolo. Sono aggrappato con forza alla ringhiera della piattaforma, e osservo le acque dorate del fiume Iguazù, che divise in decine di corsi, si gettano nello stesso gorgogliante abisso.
Poi arriva il vento. Chiudo gli occhi, e vengo investito e schiaffeggiato con violenza dalla nuvola d’acqua emersa dal vuoto sotto di me. L’acqua piove su di me da tutte le direzioni, brividi gelidi scorrono sotto i miei vestiti completamente fradici, ripararsi è inutile. Gli altri visitatori urlano per la sorpresa, per il piacere, per il freddo, per sfidare la voce del diavolo. Ma la sfida è persa.
La raffica d’aria e d’acqua finalmente finisce. Riapro gli occhi: arcobaleni, arcobaleni ovunque.
Sono felice, ma avverto anche una sottile tristezza. Sono certo che non potrò mai descrivere questo spettacolo della Natura. Vorrei conoscere tutte le lingue del mondo, e di quelle lingue vorrei conoscere tutte le parole, anche quelle più inusuali. E poi vorrei essere un poeta, per poter usare quelle parole e comporre una poesia che sia in grado di descrivere quello che vedo, che sento, che provo.
Ma non è così… e mentre attendo che una nuova raffica mi investa, penso ai miei amici, quelli vecchi e quelli nuovi, e li vorrei accanto a me.
Così non avrei bisogno di parole.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“