
Ho sempre parlato di Felicità in termini astratti: “Tutto il necessario, niente di superfluo”, è la mia definizione preferita. Ma, nel concreto, in cosa si traduce questo necessario e questo superfluo? Cosa ci rende felici?
Impossibile dare una risposta che vada bene per tutti: ognuno riempie quelle caselle con qualcosa di troppo personale. Tuttavia, in questi ultimi anni ho notato che nella risposta di molte persone esiste una sorta di filo conduttore, dei tratti comuni che sembrano non mancare mai: il contatto con la natura, il desiderio di fare del bene al prossimo, il viaggio di scoperta, la ricerca interiore, la condivisione, l’amore.
Oggi è mio piacere presentarvi un altro viaggiatore e caro amico che, seguendo la sua personale strada, sembra aver ritrovato un capo dello stesso “filo”.
Si tratta di Alberto Cancian: per chi non lo conoscesse, questo sorridente ragazzo si è sempre dedicato all’organizzazione di eventi e alla promozione del turismo, ma, grazie a un illuminante viaggio in Colombia e una lunga permanenza in Amazzonia, ha iniziato un percorso più profondo che, come tanti di noi, lo ha portato a riflettere sulla felicità e forse, a trovare la sua risposta. Non a caso lo ha chiamato “the journey of joy”.
Per adesso lascio a lui la parola, con un testo scritto appositamente per i lettori di Wandering Wil.
«Eccola! Siamo arrivati.»
«Oddio Jeff ma è meravigliosa!»
«Eh sì, stanotte dormirai qui, italiano, ma occhio a non allontanarti troppo dalla capanna se no rischi di perderti nella foresta.»
«Puoi dirlo, non voglio di sicuro ritrovarmi il ragno di prima addosso.»
«Allora buenas noches, Alberto.»
«Buenas noches, hermano.»
La mia nuova vita iniziò più o meno con queste parole. Era il 21 marzo. Ero atterrato in Colombia quasi due anni prima e, ormai da un bel po’ di tempo, vivevo nella città che chiamavano “Porta d’oro dell’Amazzonia”. Niente a che vedere con l’El Dorato, laggiù c’era ben poco di prezioso. A livello materiale intendo. Laggiù l’acqua non era potabile, figuriamoci se fosse calda quando andavo sotto la doccia; c’era il commercio della coca, e pure la guerriglia. Laggiù però c’era anche chi non aveva quasi nulla eppure ti dava tutto. C’era chi aveva dedicato tutta la sua vita all’altro, mettendo da parte i luccichii dell’egocentrismo. Era una nuova vita per me, tutto era cambiato. Ero partito per scrivere la storia di un Istituto missionario che lavorava da quasi un secolo in quella giungla leggendaria, inospitale, preziosa e minacciata. Quell’esperienza aveva rivoluzionato tutto ciò che fino ad allora avevo sempre creduto, o messo in discussione ciò che davo per scontato. Lì il futuro era meno certo, e allora bisognava dare il massimo nel tempo che ci veniva concesso. Ma se ci pensiamo nessun futuro è certo, anzi, a rifletterci meglio: nemmeno esiste quella porzione di tempo. Allora imparai a non misurarlo troppo il tempo, del resto il suo valore è proprio nella sua incalcolabilità: un istante potrebbe considerarsi eterno se non lo chiamiamo “secondo”.
Salii la scala di legno quasi arrampicandomi sul tronco. Era stata costruita a dodici metri e poggiava su un albero che ne misurava addirittura trentacinque, con il tetto in foglie di palma e le zanzariere dappertutto. Era un sogno e lo stavo vivendo, era ciò che avevo desiderato fin da piccolo. Accesi una candela e come d’incanto ascoltai il silenzio del Mondo. Le gocce della grande umidità si infrangevano sulle foglie e sul suolo, rane di ogni tipo gracidavano in coro, rami si spezzavano e scimmie urlatrici comunicavano da un lato di giungla all’altro. Poco prima, mentre camminavo con Jeff sul sentiero, al buio, schivando il morso letale di qualche ragno, pensavo che avrei avuto paura a rimanere da solo, in mezzo alla Natura primordiale. – “Eppure, quando la sagoma della guida si fuse con gli alberi scomparendo alla mia vista e rimasi da solo, mi accorsi che le paure erano svanite come quell’ombra. Solo con la foresta non ebbi la paura che avevo immaginato di provare. Iniziai a percepire ciò che mi circondava. […] Non era la natura che mi faceva paura, non la solitudine. Non v’era cattiveria nella giungla, né invidia, assente l’odio. Allora è forse l’uomo la causa delle nostre paure? Il suo giudizio, la sua perfidia, la sua debolezza? Forse sì, ma anch’io ero quell’uomo, non ero diverso; diverso era l’amore che mi circondava, l’amore dell’eterna madre, che mi aveva fatto trovare la PACE.” [The Journey of Joy – Amazzonia (2019)].
Poco dopo questo momento avvenne un’esplosione che cambiò tutto, un’esplosione dentro che portò ogni mio dolore all’esterno, dissolvendolo.

In quel momento è come se fossi rinato, iniziando ad Amare il Mondo, voi e me stesso, in un modo completamente diverso. Ora ogni istante mi impegno per portare questo Amore nel tempo certo, consapevole che siamo piccoli, ma siamo una parte connessa al tutto, e che ogni piccolo contributo è un cambiamento nel profondo.
Buon Viaggio e Buona Vita, a te, e a chiunque a te sia connesso.
Alberto oggi continua a dedicarsi all’organizzazione di eventi, alle presentazioni, e ha persino avviato un intero festival dedicato al viaggio, PordenoneViaggia, quindi porta avanti con grande energia la sua “missione” di condivisione.
Se avete piacere di seguirlo, lo trovate alla sua pagina blog (Alberto Cancian – The Journey of Joy), dove troverete anche informazioni sulle prossime date del suo tour di presentazioni, o potete approfondire direttamente la sua storia leggendo il suo primo libro: “The Journey of Joy – Amazzonia”. Lo trovate su Amazon in formato cartaceo (qui) o ebook (qui).
Buona lettura e fateci sapere cosa ne pensate nei commenti!
È uscito il mio nuovo romanzo!
THE END
Thriller distopico
Abiti in un mondo perfetto, vivi una vita lunghissima, muori il giorno prestabilito. Ma se scoprissi che il prezzo da pagare è altissimo?