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Lavoro vero

Tempo di lettura stimato : 2 minuti

Siamo nel 2018, esistono professioni e possibilità che dieci anni fa nemmeno le avresti immaginate, e c'è ancora gente che parla di "lavoro vero".

Stamattina stavo facendo la mia solita passeggiata a passo svelto quando supero una coppia e, senza volerlo, ascolto un pezzo della loro conversazione. Lui le sta dicendo: “…adesso dovrà trovarsi un lavoro vero, non quelle cose strambe là, elettroniche, con i computer…”

Mi giro con la testa il tanto che basta per guardarli con la coda dell’occhio. Non sono coriacei anziani: lui avrà venticinque anni, lei anche meno.

Dico a me stesso che avrò sentito male, che quella frase doveva avere di certo un contesto più profondo, e che…
Che sono la persona sbagliata per sentire queste cazzate, mi va subito il sangue in acido.

Per un istante ho avuto la tentazione di fermarmi con quei giovani così moderni e dirgli un paio di cosette.

Sai, volevo dirgli, anni fa avevo anche io un amico che mi prendeva in giro perché lavoravo solo quattro ore al giorno, davanti a una di quelle cose elettroniche, e in giro per il mondo. Usava proprio le tue parole: “ma sarà mica un lavoro vero, il tuo?”

Che cazzo è un “lavoro vero”?

Immagino che per te sia minimo otto ore di vero ufficio, più una di andata e ritorno, seduti a una vera scrivania, a curvarsi davanti a una di quelle cose elettroniche, ma più vere? O in una vera fabbrica, con veri attrezzi in mano, a rischiare la salute in qualche vero processo industriale? Un vero cantiere, magari.

Povero imbecille. Siamo nel 2018, cazzo! Avrai vissuto la maggior parte della tua vita tra smartphone e internet ad alta velocità, e non hai ancora capito che oggi esistono professioni e possibilità che dieci anni fa nemmeno le avresti immaginate. Tra cinquant’anni metà dei lavori che conosci non esisteranno più, e tu sei qua a fare discorsi che non fa più nemmeno mio papà che c’ha quasi ottant’anni.

Allora, giovane sciocco, lascia che lo spieghi a te e alla tua bella fidanzatina (a proposito, piacere di conoscerla): non si lavora perché ce l’ha ordinato il medico, non si lavora “perché sì”. Il lavoro ha significato solo se ha uno scopo ben preciso: mantenersi, creare qualcosa, stare bene. Senza avere quello scopo bene in mente, il lavoro è solo una maniera molto elaborata di buttare via il tempo.

Qualunque attività che ci permetta di raggiungere quello scopo è un lavoro vero, e non importa se lo fai da dentro un furgone, sotto una palma, parcheggiato in riva a un lago, solo per due ore al giorno o a fare cose che a te sembrano strambe solo perché non capisci un cazzo.

Hai capito bene? Te lo ripeto.

Quello che importa è lo scopo del tuo lavoro, non il modo o il posto in cui lo fai.

Volevo dirglielo, giuro. Ma mi sono stretto nel cappotto e ho accelerato il passo

—

Ah, a proposito. Quello in foto è stato il mio ufficio per qualche giorno, nel giugno 2013, da qualche parte in Svezia. Mi ero costruito una specie di scrivania sul lato passeggero, e sotto il sedile avevo una batteria di riserva per alimentare il portatile. Ero connesso a internet con il cellulare, e con tutto il resto appena uscivo dall’auto.

“Lavoro vero”… ma vaffanculo.

Il mio nuovo romanzo!

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Avventura | Mistero | Riscatto

“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“

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Dicembre 29, 2018 - Lavoro

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

Clicca per informazioni e scaricare l'estratto gratuito

Francesco Grandis

Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore, editore e padre.
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Sulla strada giusta
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