Questo articolo è una dichiarazione di intenti. Non sono, e non sarò mai, un “life coach”. Ora vi spiego perché.
Il solo termine “life coach” mi urta i nervi. Come “coach” (che significa “istruttore” o “maestro”) si possono insegnare solo alcune abilità specifiche: comunicare con efficacia in pubblico, per esempio, o essere un venditore migliore.
Bene: la vita non è una di queste abilità, chiuso il discorso. Dire a qualcuno “devi vivere la vita in questo modo” è come dire “rilassati!” a una persona nervosa. Non funziona, e più glielo dici più ottieni l’effetto contrario.
Il life coach medio ora mi risponderebbe: “ma io non insegno a vivere. Io mostro ai miei allievi solo alcuni strumenti per rendere i propri obiettivi più semplici da raggiungere”.
Bel paraculo, allora non chiamarti “life coach”, chiamati in un altro modo! Non so… “venditore di cose che potrebbero funzionare come no”?
Nessuno strumento è universale. Venderli come tale è poco onesto (ma molto redditizio, vero?). Io non lo voglio fare.
Io non voglio essere un life coach perché non sono nessuno per insegnare agli altri come vivere. Io sono solo uno che un giorno si è rotto i coglioni dell’andazzo generale, ed è partito per un viaggio alla ricerca di sé stesso. Lungo il percorso ho trovato tanti piccoli “indizi” che mi hanno fatto pensare e crescere, come la metafora del cavatappi e tanti altri. Sono strumenti che mi hanno aiutato e che condivido volentieri, ma ne ho sempre ripetuto il loro carattere soggettivo. E sono risposte che ho trovato proprio nel momento in cui sono fuggito da qualsiasi insegnante e da qualsiasi schema, per dedicarmi solo ed esclusivamente alle mie domande. Era già tutto dentro di me, e la strada l’ho trovata ricavandomela a suon di lacrime, di testate contro il muro e di tramonti nel silenzio.
Il Siddharta di Hesse rifiuta addirittura l’insegnamento del Buddha, l’illuminato. Lo guarda negli occhi e gli dice: “a nessuno, o Venerabile, tu potrai mai […] comunicare ciò che avvenne in te nell’ora della tua illuminazione!”. Poi se ne va a cercare la sua verità da solo, e la trova pure.
Quando scrivo quello che penso, è come se ci trovassimo tutti davanti a una birra. Io vi racconto cosa ho fatto, e come. Se ci trovate qualcosa di buono e vi ispiro qualche buona riflessione io ne sono davvero contento, altrimenti pace. Nessun insegnamento, solo chiacchiere tra amici.
Io posso “vendere” la mia esperienza e le mie storie, se qualcuno le apprezza, ma non ho né soluzioni né verità.
Non esiste nessuno al mondo che può insegnarci come vivere.
Siamo noi i nostri “life coach”. Tutto il resto è commercio.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“