Una cosa che mi capita di dire spesso è che non c’è nessuna differenza tra pessimismo e ottimismo, perché entrambe le visioni inducono a non fare niente.
Che differenza c’è tra dire: “Non faccio niente perché tanto le cose andranno male lo stesso” e “Non serve fare niente perché tanto le cose si sistemeranno da sole“?
Per questo ho sempre applicato su me stesso un atteggiamento che chiamo “ottimismo-realismo“, cioè: “so che le cose fanno schifo e non andranno mai bene da sole, ma sono anche sicuro che, se mi impegno, in qualche modo riuscirò a cavarmela“.
Si tratta di mantenere l’ottimismo in prospettiva, ma non perdendo mai un brutale realismo verso la situazione presente. L’ottimismo ci dà una direzione, ma il realismo ci dà la spinta ad agire (o a sopportare).
È il motivo per cui non apprezzo molto cose come la teoria dell’attrazione, in particolare com’è raccontata in quell’americanata markettara chiamata “Il segreto”, che, pur insistendo (anche giustamente) sul valore del pensiero positivo, si dimentica di ricordare l’importanza dell’azione nell’immediato.
Bene, pare che questa cosa abbia un nome: paradosso di Stockdale.
Jim Stockdale è stato un ufficiale americano e fu tenuto prigioniero in Vietnam per quasi otto anni, dove venne torturato più di venti volte prima di essere liberato. Stockdale raccontò di non aver mai perso la speranza di uscire vivo dalla prigionia. Allo stesso tempo notò che furono i più ottimisti a non sopravvivere alla prigionia. Erano quelli che dicevano “per Natale siamo a casa”, che poi diventava “per Pasqua siamo a casa”, poi di nuovo “per Natale”, eccetera. Sul breve termine il loro atteggiamento positivo li difese dalla brutalità del presente, ma a lungo andare si trovarono costretti ad affrontare una realtà che avevano nascosto a sé stessi troppo a lungo, e non riuscirono a tollerarla.
Stockdale invece mantenne sempre il contatto con la realtà della situazione. Sapeva perfettamente di essere all’inferno, ma non perse mai la speranza di venirne fuori e per questo fece di tutto per sopravvivere e tenere alto il morale suo e degli altri prigionieri, istituendo anche un severo codice di condotta che lo portò persino a sfigurarsi per evitare di essere usato come propaganda dai suoi carcerieri (su Wikipedia qualche approfondimento – lingua inglese).
La lezione che se ne trae è molto importante. Usando le parole di Stockdale:
“Non bisogna mai confondere la fiducia che alla fine avremo la meglio -che non va mai persa- con la disciplina nel fronteggiare gli aspetti più brutali della realtà, qualunque essi siano.”
In estrema sintesi: accettare la realtà, ma opporsi al destino.
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“