Voglio uscire da qui.
Non mi aspettavo che il ritiro sarebbe stato così duro, non ce la faccio più.
Ho passato il primo giorno a sentirmi come un esploratore che ha trovato nel profondo della giungla un villaggio sconosciuto, popolato di indigeni pacifici ma silenziosi. Ho cercato di integrarmi, impegnato a capire qual era il modo giusto per muovermi o comportarmi, osservando i gesti degli altri ed emulandoli, ma mi sembra di non riuscirci. Ognuno dei partecipanti sembra possedere una naturale lentezza, lo sguardo perso in qualche angolo del proprio mondo interiore. Il contatto visivo è inesistente, come il suo conforto.
La giornata inizia alle tre e mezza del mattino e finisce alle nove e mezza della sera. Ci sono solo due pasti: la colazione delle sei e il pranzo delle undici. Dopo mezzogiorno non è più concesso mangiare cibi solidi, e forse è una fortuna: i sapori sono quasi insostenibili per un palato occidentale. Questo è cibo thailandese autentico, non quella robetta da ristoranti per turisti. Qui non si prendono prigionieri.
Il silenzio è opprimente. Sono circondato da fantasmi, uomini e donne vestiti di bianco che respirano la mia stessa aria senza sentirmi, che mi camminano accanto senza vedermi, tutti chiusi in sé stessi, a combattere forse la mia stessa guerra, ma senza bisogno di alleati.
Quello che mi sta uccidendo, però, è la noia.
I turni di meditazione sono quattro, di due o tre ore ciascuno. Sono dieci ore al giorno. Seicento minuti. Trentaseimila fottutissimi secondi, e io li sento strisciare uno ad uno con la lentezza di un vecchio agonizzante e altrettanto dolorosi, mentre tento invano di tenere fermi i pensieri.
Vorrei urlare, ma non riesco a farlo.
Ne parlo con il mio maestro, gli dico che forse mi sono sbagliato, che non sto cosa sto facendo, che non so cosa cercavo di preciso, ma qualunque cosa fosse non deve essere qui dentro.
Mi consiglia di avere pazienza, di concentrarmi sul respiro o il passo e nient’altro, di non crearmi aspettative e false speranze. Devo mantenere la calma. Le cose faranno il loro corso, senza fretta.
Calma, dice lui.
…sospiro…
Fuori, ci sono le strade della Thailandia, da cui sono scappato ieri.
Dentro, c’è il mio abisso personale, da cui sto scappando da una vita.
…un altro sospiro…
Ok… rimango. Ho altra scelta?
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“