Questa mattina è accaduto davvero qualcosa di inaspettato.
Durante il secondo turno di meditazione, quello guidato dalla litania del monaco, mi abbandono a una sorta di fantasia spirituale. Stavo cercando un modo qualsiasi per ancorare la coscienza alle maree del mio respiro e lì inchiodarla, quando mi sono imbattuto in una immagine che proveniva da un posto segreto del mio cuore, uno di quegli angoli tenebrosi, protetto da cancelli e porte sprangate e fossati e cani a tre teste che sputano fuoco, per capirci. Un frammento del mio IO interiore; un pensiero legato al passato che avevo tenuto a lungo chiuso in quella segreta, senza nutrirlo, in virtù di chissà quale incapacità di vederne la purezza; una metafora di quello che ero e che sarei stato, una volta abbandonato il dolore, il pianto e la rabbia.
È stata una specie di visione conscia, così potente da ridurmi in lacrime, inaspettata e violenta come un fucilata alle spalle, benvenuta come un amico da lungo tempo perduto.
Non vedevo l’ora di raccontarlo al mio maestro, e ringraziarlo. Aveva ragione, dopotutto, qualcosa era davvero successo.
“Non hai fatto niente di quello che ti ho detto!”, mi ha rimproverato invece. “Non devi attaccarti a niente, neanche a queste cose. Non devi creare aspettative: concentrati solo sul respiro e sul passo!”
“Sono sempre stato un cattivo studente”, gli ho risposto, o almeno credo di averlo fatto. Ero troppo impegnato a sorridere e a piangere.
Quest’evento mi fa sperare che in fondo qualcosa per me, in questo ritiro, c’è davvero. Ho liberato quell’immagine dalle catene, mi sono tolto un peso dall’animo, e mi sento già molto meglio. Ho trovato un motivo e la determinazione per proseguire questo strano viaggio dentro me stesso.
La noia, comunque, non fa nulla per essere meno micidiale.
L’unica occasione di quasi ilarità durante le giornate è data dai due pasti.
Sempre in rigoroso silenzio, ci mettiamo tutti in fila a prendere prima i vassoi, e poi a servirci dalle grosse pentole di cibo che alcune signore calve, credo siano suore laiche, preparano per noi.
Se la parte più sostanziosa della nostra alimentazione giornaliera è sua maestà il riso bianco, scondito e praticamente privo di alcuna proprietà organolettica, il sapore è invece fornito con grande intensità e ricchezza di sfumature (che oscillano tra l’allarmante e il “chiamate il pronto soccorso, vi prego!”) da una varietà di piatti a base di verdura e molto, molto speziati.
La maggior parte di essi non è piccante, ma i sapori sono così intensi da far girare la testa, o da muovere gli organi interni in un modo che non è previsto dal costruttore. Il trucco sta nel miscelare in ogni cucchiaiata una buona quantità di riso dal sapore cartaceo con una misurata porzione di queste bombette di sapidità, inghiottire tutto, e sperare di aver fatto i conti giusti.
Il fatto è che questo cibo è subdolo: non riesco mai a capire dall’aspetto o dal profumo che sapore possa esserci dentro questo o quell’altro pentolone, e non posso chiedere per rispetto del silenzio. Ciò che sembra buono è orrendo, e ciò che sembra orrendo è squisito. Al pasto successivo cerco di giocare d’anticipo, riempiendo il vassoio con grandi quantità di cibo che sembra orrendo, ma quei piatti sono più buddisti di me, e intuendo la trappola, tornano a essere proprio quello che sembrano.
Quello che mangio però, come tutto il ritiro del resto, mi è offerto a titolo gratuito, comprato con le offerte dei fedeli. Ne ho fatto quindi un principio di orgoglio personale quello di non sprecare niente, mangiando tutto fino all’ultimo chicco di riso, a costo di trattenere i conati di vomito, cosa che non avviene così di rado come avrei sperato.
L’universo lavora in modi davvero sorprendenti a volte: senza che io lo sapessi mi ha preparato un appuntamento proprio per domani, in questo tempio, e se la visione di stamani è servita a far restare me, il mio disgusto per il cibo è servito a far restare… qualcun altro.
Photo by Sundaram Ramaswamy
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“