Sebbene recentemente io sia rimasto più fermo, negli ultimi anni ho viaggiato abbastanza. Tra il 2009 e il 2013 sono stato fuori casa quindici mesi e qualcosa, rigorosamente zaino in spalla.
Il viaggio per me non è stato solo un’attività di piacere, ma anche e soprattutto uno strumento per conoscere meglio me stesso e il mondo, un modo per “rovistare nello sconosciuto” alla ricerca di indizi che mi mettano in direzione della mia felicità. Sulla strada giusta.
In viaggio c’è molto da imparare perché tutto è nuovo: gente, cibo, abitudini, colori… Ma non è solo questo: oserei dire che è l’aspetto più superficiale. C’è una dimensione più intima del viaggio, ed è la mia reazione a quella gente, a quel cibo e a quei colori. Ogni viaggio nel mondo è come una sfida, e ogni sfida è l’opportunità di un viaggio dentro di me. Il mondo è lo specchio con cui guardarmi dentro.
E così in viaggio ho imparato che non si può riempire un vaso già pieno. Ho dimenticato le cose che ero convinto di sapere per sostituirle con quelle che scoprivo man mano. Ho iniziato a smontare, pezzo dopo pezzo, l’edificio che stavo costruendo seguendo il progetto sbagliato, per ricostruirlo da capo seguendo il mio progetto.
Ho imparato che le persone hanno un senso dell’umorismo diverso dal mio, e che è meglio aspettare un momento prima di giudicare male una battuta che non capisco. Spesso è solo un modo insolito di dirmi: “benvenuto.”
Ho imparato che a essere rigidi si finisce per cadere, perché la vita ha un modo tutto suo di farti tremare il terreno sotto i piedi, ma anche che sono i miei principi, e la mia fedeltà ad essi, a tenermi in equilibrio.
Ho imparato cosa vuol dire essere davvero libero: libero dalle paure, dalle aspettative e della scala di valori altrui. È una libertà da cui non c’è ritorno.
Ho scoperto che quello che non ti uccide ti rende più forte, ma anche che è più prudente non cercare di diventare forti troppo in fretta.
Ho imparato che per quanto veloce mi possa spostare, non riuscirò mai a seminare i miei problemi personali: mi troveranno sempre. Ma almeno li posso portare lontani dal loro habitat naturale e isolarli. È una buona occasione per batterli.
Ho scoperto che le amicizie finte sono come i rami malati di una pianta. A lasciarle senza cura si seccano e cadono, ma per la pianta in fondo è un bene. Gli affetti veri, invece, restano rigogliosi come sempre. Al massimo basta innaffiarli con un po’ di birra.
Ho capito come dare il giusto valore al Tempo. A correre quando serve, a rallentare altrimenti, e a non farlo scorrere senza farmi dare qualcosa di prezioso in cambio.
In viaggio ho imparato a vedere le cose da più prospettive, ad allargare tutti gli orizzonti e a dare alle cose il loro giusto valore. I problemi piccoli e le cose mediocri da lontano si vedono per quello che sono: un nulla. Le cose importanti invece rimangono sempre grandi, da qualunque punto del pianeta le si guardi.
In viaggio ho imparato che la felicità è come uno zaino perfetto, in cui c’è tutto il necessario, e niente di superfluo, e che non c’è niente di più importante di questo.
In viaggio ho riso, e pianto, e sono diventato un uomo. Ho deciso per ben due volte cosa fare del resto della mia vita.
Potevo fare tutto questo da casa?
Forse sì, ma ci avrei di certo messo più tempo.
Il viaggio invece è stato un bravo maestro, e il mondo uno splendido libro su cui studiare.

Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“