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A.A.A. – Alcolisti Anonimi Australiani

Tempo di lettura stimato : 2 minuti

L'Australia ha un problema al fegato. Ogni sera arriva la marea di alcool, e sommerge tutto e tutti. All'alba lascia sulla strada i suoi rottami.

drunk-girlGiorno 168 – Sydney

Forse sorprenderò qualcuno, ma io e l’Australia non siamo andati molto d’accordo. C’è stato un problema con l’alcool.

Credetemi, avrei voluto scrivere qualcosa di bello per ogni paese che ho visitato, ma non posso nascondere la verità: l’Australia è stata una delle mie delusioni più grandi, assieme alla Thailandia. Anche questa volta le mie grandi aspettative sono state rovinate non dai posti, ma dalle persone. Gli ostelli della East Coast sembrano attirare i peggiori giovani con lo zaino. Si sentono e si atteggiano come grandi viaggiatori, ma sono perlopiù turistame di bassa lega. Sono europei, americani, ma anche gli australiani stessi si mettono d’impegno.

Tra Sydney e Byron Bay ho ritrovato lo stesso identico problema che ho avuto in Thailandia. Seguendo le destinazioni più comuni e rinomate, sono finito intrappolato nel flusso dei backpackers, che come mandrie di bovini di spostano da nord a sud o viceversa. Assieme a loro le giornate passano sempre nello stesso modo: una routine quotidiana di spiaggia, alcool e sesso.

Vi sembra invitante?

Per qualche giorno, forse, ma dopo cinque mesi di viaggio pretendo per me stesso qualcosa di meglio.

Passare le giornate al mare è piacevole: farsi travolgere dalle maestose onde oceaniche, andare in bodyboard, fare finta di essere un surfista… lo ammetto, mi sono divertito. Ma il mio divertimento finiva alla sera, quando arrivava la birra, il vino, il maledetto “goon”.

Il goon… La sola esistenza di questo malefico intruglio è il sintomo evidente di un grave problema al fegato dell’Australia. È una bevanda alcolica al gusto di vino, servita in sacchi da quattro litri. Nel 2010 una confezione costava circa 10 dollari australiani. A parità di quantità, una birra economica costava il triplo, del vino decente otto volte tanto. Fate le vostre considerazioni.

È la bevanda preferita dai ragazzi che vogliono ubriacarsi velocemente e spendere poco. Ne ho visti alcuni cercare, calcolatrice alla mano, il goon più “efficiente” per questo compito.

“Be stupid, get drunk. That’s the way you enjoy in Australia”, ovvero “Fai lo stupido, ubriacati. Questo è il modo di divertirsi in Australia”. Mi aveva avvertito così una amica giapponese, ma non l’avevo presa sul serio. Sbagliavo.

All’arrivo dell’oscurità inizia il rito. Backpackers e locali tirano fuori l’alcool di loro scelta. Iniziano i drinking game, giochi di società in cui deve bere chi perde, ma anche chi vince, e anche chi partecipa. Lo scopo non è divertirsi, è ubriacarsi. Perché senza alcool non esiste divertimento, qui.

Una volta che ci si è storditi a puntino, si può finalmente uscire, bere ancora, perdere i limiti e fare le idiozie che non si ha il coraggio di fare da sobri. Il più stupido diventa il più figo, il più ubriaco diventa il più divertente. Con un po’ di fortuna, poi, si riesce anche a scopare. Tanto qui significa solo cercarsi la ragazza più fatta del locale, e portarsela fuori. Non importa se quando ti guarda nemmeno ti vede, gli occhi spenti, annegati nell’alcool. Non importa se il giorno dopo nemmeno ti riconosce, o fa finta di non vederti. Durante la notte è solo uno dei tanti animaletti erotici, stupidi e vogliosi.

L’alcool arriva puntuale tutte le sere. Come una marea, sommerge e cancella tutto, anche la memoria. Quando cala, all’alba, la risacca lascia sulle strade silenziose i suoi immancabili relitti: giovani rovinati e incoscienti; uomini aggressivi e storditi; ragazze con i tacchi in mano e le minigonne sporche di vomito.

Non fa per me, grazie.

Ci rivedremo, Australia, e la prossima volta saprò cosa evitare. Tu nel frattempo prova a disintossicarti un po’.

Sydney – 26 Aprile 2010

Photo by Andrew Dyakov

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“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“

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Agosto 1, 2014 - RTW 1, Viaggi

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Francesco Grandis

Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore, editore e padre.
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