Wandering Wil

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Cammino di Santiago con bambino: l’organizzazione

Tempo di lettura stimato : 8 minuti

A piedi per 300 km: 20 giorni, papà, mamma, un bambino di due anni. Ecco come abbiamo organizzato il nostro cammino di Santiago

cammino-santiago-wandering-wil-8Tra il 10 e il 29 Giugno 2016 io, Lisa e nostro figlio Michele (due anni da compiere) abbiamo percorso a piedi i circa 300 chilometri che separano Saint-Jean-Pied-du-port da Burgos, le prime 12 tappe della variante francese del cammino di Santiago, la più conosciuta e frequentata. Uno zaino a testa per gli adulti, un bel carrello sportivo per il trasporto del più piccolo.

In un altro articolo ho parlato di cosa ha rappresentato il cammino per noi, qui invece mi soffermerò sull’aspetto tecnico e organizzativo, in particolare per quanto riguarda l’affrontare il cammino con un bambino al seguito.

Per prima, la domanda che fanno tutti: come abbiamo “trasportato” Michele?

L’astronave di Michele

Michele è un bambino di quasi due anni, del peso di 12-13 chili, abbastanza alto per la sua età. Per il suo trasporto abbiamo scelto di dotarci di un carrellino sportivo, da spingere.

Si tratta del Chariot CX 1 della Thule. È un carrello che nasce come rimorchio per bici (il modello base include sempre il braccio per il traino), ma con l’aggiunta della ruota frontale da jogging si trasforma in un formidabile passeggino da escursione. Per capirci, è lo stesso carrello che Mattia Miraglio, autore di “A passo d’uomo”, ha usato per arrivare a piedi fino in Nuova Zelanda, nella prima parte del suo giro del mondo, trasportando da 40 a 100 chili di attrezzatura. Stiamo quindi parlando di un carrellino estremamente solido e ben fatto.

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Quello che fa la differenza rispetto agli altri modelli è soprattutto il freno a disco. Il manubrio fisso posteriore è infatti dotato di una leva che aziona i freni di entrambe le ruote posteriori, e questo è fondamentale per affrontare le discese.

Su consiglio di Mattia ho fatto sdoppiare i freni, aggiungendo un’altra leva sul manubrio, in modo da poter frenare le due ruote separatamente. Questo consente di “sterzare” in discesa, ed è una modifica davvero molto comoda.

Sulle ruote posteriori ho fatto montare due copertoni “da sterrato”, in modo da avere più aderenza sul sentiero, mentre ho lasciato il copertone liscio sulla ruota davanti, che funge solo da appoggio.

Il carrello è dotato di ottimi ammortizzatori separati, zanzariera, tendina anti-uv, protezione per la pioggia, ed è stato quindi molto confortevole per il bambino. Mentre papà lo portava in pericolo su sentieri anche molto impegnativi, lui si è fatto delle sonore dormite.

Sul retro c’è una sacca in cui abbiamo stipato la necessaria attrezzatura per il carrello (camere d’aria di scorta, pompa, catena antifurto) e le provviste giornaliere. Non è spaziosissima e non si può rimuovere, ma fa il suo dovere.

Sul manubrio ho installato un’optional eccezionale: un cestino da bici, del costo di 8 euro da Decathlon, fissato con due fascette. Si è dimostrato comodissimo per tutti gli oggetti “ad accesso rapido” come la borraccia, il cappello, etc, permettendomi di prenderli senza dovermi fermare. All’occorrenza, ci ha fatto anche da stendibiancheria.

Il carrello non è perfetto e durante il cammino ho individuato parecchie cose migliorabili, ma una cosa è certa: è stato un elemento indispensabile. Sarebbe stato impossibile (o fin troppo difficile) affrontare le difficoltà del cammino in altro modo.

Grazie ad esso abbiamo potuto percorrere il sentiero come tutti, che fosse stretto, scosceso, ripido (tranne la famigerata prima tappa, affrontata su strada asfaltata). Gli unici ostacoli erano le scale o le rocce troppo grosse, per il resto siamo passati dove sono passati tutti, sudando un po’ di più in salita, e rallentando un po’ di più in discesa. Senza carrello o senza freni sarebbe stato un delirio.

Ora che ne ho cantato le lodi, vi dico il lato negativo: costa moltissimo, parliamo di 1000-1200€. Se viene usato molto, sono soldi ben spesi, ma di sicuro non pochi.

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Zaini

Sistemato il “bagaglio” più importante, passiamo a tutto il resto. Per il cammino ho usato un mio vecchio zaino da montagna, un Forclaz 60 della Decathlon (modello vecchio), comprato in tempi non sospetti. Oggi ne prenderei uno più leggero e con meno fronzoli, ma ormai lo uso da tanto, lo trovo comodo e finché regge lo tengo. Lisa ha preso per l’occasione un Osprey da 38 litri, su consiglio della commessa che insisteva per prendere uno zaino “giusto”, con la scusa del “più è grande, più cose ci metti, più peso porti”.

Sono di un’altra scuola di pensiero: preferisco avere uno zaino più grande del necessario e non riempirlo tutto. Per due motivi:

  • Alla partenza è facile fare lo zaino in modo molto ordinato, tutti i vestiti piegati, etc. Sarà la prima e l’ultima volta in cui sarà così ordinato. Durante il viaggio tutto inizia a ingombrare di più.
  • È vero che “come regola” non si può portare troppo peso (di conseguenza, non serve tanto volume) ma a volte può capitare un’eccezione o un’emergenza, e quei 5-10 litri in più che hai lasciato vuoti potrebbero risolvere un bel problema.

 

Cosa abbiamo messo nello zaino

Normalmente calcolo i vestiti in “giorni”, cioè: quanti giorni resisto con questi vestiti, prima di doverli lavare?

Una regola base dei viaggiatori di lungo corso è questa: che tu viaggi per una settimana o per un anno, sempre una settimana di vestiti ti porti (poi comunque li lavi).

(Dopo un po’ di viaggi la settimana dura il doppio o il triplo, grazie all’antica arte del “riutilizzo”, ma questo è un altro discorso.)

Per il cammino, abbiamo alleggerito il carico calcolando quattro giorni di vestiti.

Questa è la mia lista (quella di Lisa è molto simile):

  • 4 magliette traspiranti (decathlon)
  • 4 paia di calzini tecnici (decathlon)
  • 4 paia di mutande
  • 2 paia di pantaloni di tipo cargo, “spezzabili” (qui mi son sbagliato, potevo portarne uno solo)
  • 1 paio di pantaloncini leggeri (“da casa” e per dormire)
  • 1 maglioncino di micropile (decathlon. Usato poco, prevalentemente alla sera, una volta arrivati)
  • 1 giacca impermeabile e antivento (decathlon. La preferisco rispetto al poncho che protegge di più ma fa sudare troppo, e in ogni caso è buona anche per le giornate ventose)
  • Occhiali da sole (io li ho da vista fotocromatici)
  • 1 cappello con frontino (mi fa da “ombrello” per gli occhiali: è una fissa mia)
  • 1 cappello a falde leggero (decathlon, per il sole)
  • 1 berretto antivento (sì, proteggo la testa)
  • 1 collare “buff” (nuovo acquisto di cui sono molto soddisfatto. È ottimo e versatile: funziona sia per proteggere dal sole che per il freddo e si può alzare per proteggere anche la bocca, la testa o le orecchie)
  • 1 paio di infradito leggeri per la doccia o “da casa”

Lisa che è più freddolosa di me ha portato anche una maglietta a maniche lunghe termica (di quelle da mettere a contatto con la pelle) e si è trovata bene.

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Io che invece sono un po’ maniaco per queste cose, ho portato anche:

  • Coltellino multiuso svizzero (fondamentale per fare i panini e aprire i succhi di frutta di Michele)
  • Bussola (mai usata, ma mi sento nudo senza)
  • Lucchetti (mai usati, ma inizialmente pensavamo di stare di più in ostello e di usare gli armadietti)
  • Lampada da fronte (usata poco, ma come sopra, pensavo di stare più in ostello, dove invece sarebbe stata molto comoda)

Poi ci aggiungiamo i soliti prodotti da bagno, un asciugamano in microfibra a testa e quel minimo di farmacia, con particolare attenzione alla parte pronto soccorso (pensando a Michele).

Il bagaglio di Michele è stato calcolato sempre su quattro giorni, ma un po’ più variabile: pantaloni corti e lunghi, magliette a maniche corte e lunghe, una felpa, una giacca imbottita, cappelli per il freddo o per il sole, calzini, scarpette e, ovviamente, pannolini, bicchieri per bambini, qualche gioco.

Alla fine ce la siamo cavata con 9 chili sulle spalle di Lisa, e 13 sulle mie. Un po’ pesante, ma era il bagaglio di due adulti e mezzo.

Scarpe

Per quanto riguarda le scarpe, abbiamo preferito calzature basse da trail running, che dovrebbero offrire contemporaneamente confort al piede e aderenza su terreni scoscesi.  La maggior parte del percorso non richiede l’uso di scarponi da montagna, secondo me, quindi non è necessario pensare a proteggere le caviglie, ma ovviamente è soggettivo.

Lisa si è trovata bene con un paio di Cascadia, io con un paio di Hoka One One, più morbide (ma abbiamo pesi corporei molto diversi).

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Le tappe

Questa è stata la nostra tabella di marcia.

Saint-Jean-Pied-du-Port: partenza.

Valcarlos (sulla via bassa): +12km

Roncesvalles: +16km (salita interminabile)

Viscarret: +12km

Urdaitz (appena fuori dal cammino): +13km

Pamplona: +17km (fermati un giorno)

Uterga: +17km (impegnativa salita all’Alto del Perdono)

Ciraqui: +15km (salita micidiale prima di Mañaru)

Estella: +16km

Los Arcos: +21km (la tappa più bella)

Viana: +18km

Logroño: +10km (ci siamo dovuti fermare un paio di giorni per il caldo)

Navarrette: +13km

Najera: +15km

Santo Domingo de la Calzada: +21km

Belorado: +23km

Villafranca: +12km

Atapuerca: +17km

Burgos: +21km

Totale: circa 290km in 18 giorni di cammino (media: 16km/gg)

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Dormire

Per le sistemazioni, abbiamo evitato di andare in ostello come (quasi) tutti gli altri pellegrini. Il problema è che con Michele abbiamo avuto bisogno di maggior confort: un bagno a portata di mano, silenzio in camera finché cerchiamo di farlo addormentare, lenzuola, orari flessibili, etc. Per noi è stato obbligatorio scegliere di pernottare in camera matrimoniali di ostelli o di alberghi privati, piuttosto che nelle grandi camerate degli ostelli. Questo ha reso la nostra esperienza un po’ più costosa rispetto al pellegrino tipico, ma almeno abbiamo riposato comodi e senza particolari preoccupazioni. Nella maggior parte dei posti ci hanno fornito un lettino per Michele (cuna) o un letto supplementare per me (cama supletoria), in altri ci siamo arrangiati a dormire tutti e tre sul letto matrimoniale.

Mangiare

Per il cibo, ci siamo arrangiati più o meno come tutti gli altri: pranzo al sacco (panini), spuntini vari durante il giorno (pane, barrette, frutta o frutta secca), a cena il menù del pellegrino, cioè un menù completo di primo, secondo, dessert, acqua e vino a 10-12€ (fino a 20€ nelle città più grandi).

Lungo il percorso è pieno di negozi di alimentari dove è possibile comprare il cibo, ma bisogna prepararsi al fatto che non sono sempre fornitissimi e bisogna adattarsi a quello che c’è. Michele ha sempre mangiato come noi, dividendo i nostri menù del pellegrino (al massimo ordinavamo un piatto in più per lui).

È stato importare per lui avere sempre a portata di mano qualche pacchetto di cracker, vasetti di omogeneizzato di frutta o succhi di frutta in confezioni piccole, per le “emergenze”. Niente confezioni grandi, né prodotti da frigo, per ovvie ragioni.

Per l’acqua usavamo con bottiglie di plastica che riempivamo al mattino in albergo, o alle molte fontanelle lungo il cammino. Trasportavamo tutta l’acqua e il cibo sul carrello.

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Le guide

Fidandomi del consiglio di altri, ho comprato la guida al cammino di Santiago edito da Terre di Mezzo, ma non la consiglierei a mia volta. È un libretto pesante, che si dilunga troppo su aspetti assolutamente personali (cosa dovresti provare alla vista di questo o quel panorama!) e si dimentica di aspetti ben più importanti, come dirti che una particolare discesa è pericolosa o piena di sassi che la rendono quasi inagibile (es: scendendo dall’Alto del Perdono). È rimasta a far peso inutile nello zaino per la maggior parte del tempo.

Essendomi procurato una sim locale per la connessione a internet, ho trovato molto più comoda la guida online di http://santiago.forwalk.org/it/

Online, interattiva, gratuita, eventualmente scaricabile. Non ci sono indicazioni sul sentiero, ma il database degli alloggi è molto fornito e aggiornato, e ho trovato molto comoda la possibilità di visualizzare la cartina dei vari paesi, con segnata la posizione di alloggi, ristoranti e fontanelle. E poi non pesa nulla.

Questo è tutto!

O almeno quello che ricordo e che ho ritenuto importante raccontare. A volte però tendo, per abitudine, a dare per scontate cose che non lo sono affatto. Se c’è qualcos’altro che ti piacerebbe sapere sull’organizzazione, scrivilo nei commenti e cercherò di aggiornare l’articolo.

È uscito il mio nuovo romanzo!

THE END

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Agosto 1, 2016 - Viaggi

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore esordiente e padre.
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