Dopo essere scappato dal freddo e dalla solitudine della Yosemite Valley, avevo raggiunto di buon grado lidi più miti sulla costa californiana. Prima Hollywood, con le sue stelle e il circo del cinema, poi Santa Monica, con la sua spiaggia e la sua aria giovane e fresca. Qui avevo pianificato di stare circa una settimana di tempo, con una breve escursione a Las Vegas, prima di procedere verso il continente Sudamericano.
La difficoltà del viaggio stava salendo gradualmente, aggiungendo piccole nuove sfide a quelle già affrontate. Ero già stato negli Stati Uniti altre volte, conoscevo la lingua e buona parte dei costumi locali, e questo mi ha facilitato, ma a Santa Monica è stata la mia prima volta in un ostello.
Lo so che può sembrare ridicolo, e forse lo è, ma quando sono entrato più che trentenne all’Hostel International di Santa Monica, trovando al suo interno dozzine di ragazzi di dieci anni più giovani di me che apparivano assolutamente a loro agio, mi sono sentito come a un colloquio di lavoro. E per quanto io ora giochi a fare il viaggiatore esperto che sfugge la compagnia dei compatrioti all’estero, ammetto di aver tirato un sospiro di sollievo a trovare nella mia stanza due italiani, che mi hanno fatto un po’ da ciceroni.
Il testo seguente, dal titolo apparentemente incompleto, è in realtà il primo di una serie di tre articoli scritti in giorni molto ravvicinati. Era il 23 Novembre 2009, e le prime lezioni di vita che il viaggio aveva in serbo per me, erano appena dietro l’angolo.
Ad Hollywood non vale la pena dedicare più di un giorno.
Una volta che ho passeggiato sul viale delle presunte star (di cui non conosco il 98%), incontrato Superman e Wonder Woman, il Joker e Batman, Darth Vader e Yoda, due versioni di Spiderman, tre di Jack Sparrow, misurato la dimensione dei piedi e delle mani di Jack Nicholson e Steve Mc Queen, e mangiato lo Shrimper Paradise(*) da Bubba Gump agli Universal Studios, tutte queste stelle iniziano ad annoiarmi.
Allora prendo lo zaino e vado verso il mare, a Santa Monica, considerato uno dei quartieri più belli di Los Angeles, alla facciaccia delle supermegavilla sborone di Beverly Hills. Nonostante qui l’età media si abbassi drasticamente verso i 20 anni, sono veramente felice di essere in mezzo a ragazzi e ragazze che sembrano provenire da ogni parte del mondo. Ogni nazione è rappresentata: sembra quasi di essere alla presentazione delle Olimpiadi!
Ancora inebriato dalla frizzante aria cosmopolita, entro in ostello e scopro che nella mia camera dormono anche Vittorio e Antonio (detto Lago), uno di Monza e l’altro di Como. Ottimo!
Ma non importa: il trio nord italiano sa bene come divertirsi, e il tempo passa molto velocemente tra happy hour e margaritas, rilassanti passeggiate a Venice Beach e spettacolari tramonti sul Santa Monica Pier (dove Forrest Gump incontra l’oceano pacifico in una scena del film, pare).
Il tempo di salutarsi arriva fin troppo presto, e mentre Vittorio prosegue nella sua esplorazione degli Stati Uniti, e Lago vola verso New Orleans, io me ne vado verso la città del peccato e dei peccatori: Las Vegas.
Dal paradiso all’inferno, in pratica.
Come si dice: si sceglie il paradiso per il clima, l’inferno per la compagnia.
(*) Nota personale: ricordarsi che negli Stati Uniti un italiano normale può sfamarsi con gli antipasti. Non ordinare mai più il piatto più abbondante della casa.

Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“