Oggi parliamo di infelicità, la nemesi di ogni frequentatore abituale di questo blog. Perché un uomo è infelice? Voglio dare una risposta semplificata ma essenziale. Seguitemi, ragioniamo un po’ assieme.
Cominciamo dalla mia personalissima definizione di felicità: “tutto il necessario, niente di superfluo”. L’infelicità non può che essere il contrario: la vita di un infelice è carente di qualcosa di importante ed è appesantita da qualcosa di inutile. L’infelice non sta dove dovrebbe stare, non fa quello che dovrebbe fare, non è chi dovrebbe essere.
La felicità, per come la descrivo io, è un concetto assoluto e perfetto, forse persino irraggiungibile. Credo quindi di poter dire che ognuno di noi è, in qualche misura, infelice.
Potremmo pensare all’infelicità come a un male curabile da cui tutti siamo affetti in modo più o meno grave. Noi che cerchiamo la felicità (la stiamo cercando, vero?) stiamo lentamente guarendo. Tuttavia, come per ogni malattia, esistono i malati cronici. Perché?
Io ho una visione molto pratica della cosa, qualcuno la chiamerebbe pure “ingegneristica”, nemmeno a torto. La ricerca della felicità non è altro che un grosso problema da risolvere, composto da quattro fasi distinte: trovare tutto il necessario, farlo nostro, trovare tutto il superfluo, eliminarlo.
A sua volta ogni problema può essere scomposto in sotto-problemi più piccoli per renderli più affrontabili, la famosa strategia del “dividi e conquista”.
Si può considerare la ricerca della felicità, quindi, come una serie piuttosto lunga di problemi, spesso incastrati come un puzzle: per passare a quello successivo, bisogna prima risolvere quello precedente. (es: vincere la paura, convincere persone, cambiare lavoro, trovare soldi, etc).
Chi cerca la felicità ne sta risolvendo uno alla volta, avanzando pian piano lungo la sua personale “strada giusta”. L’infelice invece si è bloccato da qualche parte e non si muove più.
Fin qui mi seguite?
Ora, i problemi si dividono in due sole categorie: quelli che hanno una soluzione e quelli che non ce l’hanno.
I problemi che non hanno una soluzione hanno a che fare con eventi definitivi e fuori dal nostro controllo: morte, incidenti, guerre, malattie gravi. Per fortuna sono relativamente poco frequenti.
Tutti gli altri, e sono la quasi totalità, sono problemi risolvibili. Proprio così: il lavoro che non ci piace, la mancanza di soldi, la vita poco soddisfacente. Sono tutti problemi risolvibili.
Il fatto che una soluzione esista, però, non significa che sia facile. Potrebbe richiedere un percorso troppo lungo per essere messa in pratica, o troppi sacrifici. Potrebbe essere troppo difficile.
Essere infelici perché la nostra ricerca si è fermata ad un problema difficile, ma non impossibile, vuol dire una cosa sola: mancanza di volontà.
Altre volte la soluzione esiste ma non la conosciamo. Potremmo fare un altro lavoro ma non sappiamo quale. Vorremmo andare da qualche altra parte ma non sappiamo come o dove. In questo caso, siamo infelici per mancanza di immaginazione.
Tutto qui: non importa quante scuse diciamo a noi stessi, quanto incolpiamo il sistema, i genitori, gli amici, i parenti, noi stessi, il destino, bla bla bla. È inutile menarcela.
Se qualcosa ci rende infelici, e non sono questioni davvero oggettive (non barate, sono poche), ci sono solo due motivi:
- Mancanza di volontà
- Mancanza di immaginazione
Bene, e ora che lo sappiamo, che ci facciamo?
Semplice: la prossima volta che ci verrà in mente di lamentarci di qualcosa, proviamo a sostituire le parole “sono infelice per questo o quell’altro” con “non ho abbastanza volontà o immaginazione per risolvere il mio problema”.
Fa tutto un altro effetto, ve lo assicuro.
Photo by Dario Villanueva

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IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“