Il mio ultimo articolo sul futuro ha generato un po’ di clamore. “Quando si è giovani bisogna pensare al futuro” dico, “ma questo non vuol dire solo lavoro o soldi, altrimenti si rischia di finire come me, a quarant’anni, con mezza vita già trascorsa e con troppi rimpianti”.
Molte persone con un’età simile o maggiore della mia hanno confermato, mentre i più giovani hanno fatto suonare il loro personale campanello d’allarme. Per quanto mi riguarda, scopo raggiunto.
Alcuni non hanno compreso appieno lo scopo di quell’articolo: non l’ho scritto per piagnucolare sulla mia età o sulle cose che non ho fatto, né tanto meno per sprecare tempo ed energie a immaginare come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto questo o quell’altro.
È, come tanti altri articoli di questo blog, un promemoria.
Così come le scelte di ieri hanno determinato i rimpianti di oggi, quelle di oggi determineranno i rimpianti di domani. Vale la pena scegliere con più attenzione, allora, per non doversene pentire un giorno. Questo è il senso autentico di “bisogna pensare al futuro”, non “metti via i soldi”.
Cosa fare, allora, per non avere rimpianti tra vent’anni?
La cosa più sensata e ovvia, secondo me, è imparare dagli errori dal passato per cercare di non rifarli.
Prima che qualcuno si scaldi: lo so bene che nessuno può sapere a priori cosa sia giusto o sbagliato fare, e che anche le scelte più oculate possono finire male per eventi fuori dal nostro controllo.
Io però non sono pentito delle cose in cui ho creduto davvero ma che son finite male. Soffro di più per la consapevolezza di non aver sfruttato bene il mio tempo, di aver seguito consigli che sapevo sbagliati, di essermi trattenuto. Di aver percorso, per paura di scegliere, una strada non del tutto mia.
Non avevo ancora vent’anni quando il mondo mi ha chiesto di decidere a cosa volessi dedicare il resto della vita, cosa potevo rispondere? Conoscevo poco sia me stesso che il mondo. Preso alla sprovvista, senza molta esperienza, mi sono fidato degli altri e ho “ereditato” la scala di valori più diffusa in una società che di certo non brilla per fantasia: lavoro-casa-famiglia.
In tante scelte del mio passato ho sentito l’influenza di quei valori: ho studiato ingegneria perché “avrei trovato un buon lavoro”. Non sono uscito abbastanza “perché dovevo studiare”, ho trascurato la salute “perché dovevo lavorare”.
Sono finito nello stesso binario di tutti gli altri: studia così trovi lavoro, così prendi soldi, così puoi comprare la casa, così puoi metter su famiglia, così puoi… boh, qualcosa potrai. Aspettare la pensione, magari.
E per tutto il resto? Domani, se c’è tempo, se ci arrivo vivo.
Per alcuni va bene anche così, eh? Se fossi uno di quei fortunati che sanno accontentarsi, amerei quel binario. Filerebbe che è una meraviglia, senza sorprese, senza scossoni.
Invece sono uno di quegli sfigati che si è accorto fin troppo presto che ci deve essere qualcosa di più, nella vita, allora è diventato tutto un altro discorso. Quando ti accorgi che “lavoro-casa-famiglia” è semplicemente la traduzione in termini più moderni di “cibo-riparo-riproduzione”, cioè i valori di qualsiasi altro essere del mondo animale, evoluto o meno, sei fottuto.
Mi son ritrovato nel binario sbagliato, senza possibilità di fermarmi, anche solo per riflettere, per fare il punto della situazione. Si corre, sempre avanti, a testa bassa, e più tempo passava, più mi allontanavo da dove avrei voluto essere davvero, accumulando rimpianti e cose non fatte.
Deragliare era inevitabile.
Avrei dovuto seguire una scala di valori più autentica, più aderente a me, che prendesse in considerazione non solo lavoro-casa-famiglia, ma anche le mie passioni, i miei sogni, la mia serenità, la mia salute, tutto nel giusto equilibrio. Non l’ho fatto allora, ma posso iniziare adesso (ed è quello che ho fatto sei anni fa). Una vita che dia il giusto spazio a tutte le cose che ritengo importanti, non solo quelle poche che qualcun altro ha scelto per me.
Non ci sarà tempo per tutto, lo so bene. Resterà sempre fuori qualcosa per il semplice fatto che non ho il tempo materiale di provare e percorrere tutte le possibilità. È inevitabile. E non ho nemmeno la certezza di non fare lo stesso qualche scelta che a posteriori si rivelerà sbagliata. Ma avrò vissuto nel rispetto per quello che sono.
Sono convinto che, in questo modo, arriverà il giorno in cui potrò dire: “ci sono tante altre cose che avrei voluto fare, ma non cambierei una virgola di quello che ho fatto.”
Sarebbe una bella conclusione.
Photo by Elizabeth Haslam
Il mio nuovo romanzo!
IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“