Un giorno una mia amica mi confida di non farcela più. Il problema era sempre il solito, il lavoro. Buono, sicuro… e opprimente. Sapevo che stava male, me lo aveva già detto in passato, ma quel giorno era più giù del solito.
“Che faccio? Tutti mi dicono di avere pazienza, di tenere duro” mi dice.
“Non farlo. Non resistere, lasciati cadere” le rispondo.
Sorride triste. “Sei l’unico che conosco che mi potrebbe dare un consiglio del genere.”
Non lo darei a chiunque. Perché è un consiglio pericoloso. Le conseguenze potrebbero essere molto gravi.
Si dice che la pazienza sia la virtù dei forti. Forse, ma quando serve solo a sopportare una sofferenza che avremmo il potere di evitare, allora la pazienza è debolezza, cecità, illusione. È quella che ci fa chiudere gli occhi di fronte al dolore, quella che ci fa chinare il capo per nascondere le lacrime, per non vedere, per far finta di non soffrire più. Ci fa dire “domani andrà meglio”, ogni giorno. Ma di domani ne sono già passati troppi, e ormai sono tutti ieri.
È meglio non avere pazienza, allora, e lasciarsi cadere nel dolore. Tornare a soffrire, sempre di più, fino a non sopportarlo.
Ma bisogna essere pronti a vedere di nuovo le cose che tenevamo nascoste, a evocare i demoni di cui non pronunciavamo più il nome, e, cadendo, resistere alla tentazione sempre più forte di riaggrapparsi ancora a quell’inutile appiglio. Un appiglio che non è mai stato né speranza né sicurezza, solo inganno. Bisogna lasciarsi affondare, senza reagire, mentre l’ossigeno si tramuta in acido nei polmoni. Affogare pian piano, senza tentare il colpo di reni che prolungherebbe solo l’agonia.
Scivolare giù, fin sul fondo, nelle tenebre, e proprio sull’orlo dell’abisso trovare la forza di ricordare chi siamo e chi volevamo essere.
Qui, nel buio, non ci sono più colpe da dare, non c’è nulla da recriminare a nessuno. Non c’è un passato che potevamo vivere diversamente. C’è solo il buio.
Non resta altro che guardarsi in volto, senza più veli, a occhi finalmente aperti. Riconoscere di nuovo ogni singola lacrima versata, le mattine senza un sorriso, il tempo che scivola via, perso per sempre, ogni giorno più veloce, il senso di inutilità.
Abbracciare il dolore senza negarlo, accoglierlo, farlo nostro per nutrircene, e infine, trovare in esso la forza di urlare.
basta. Basta. BASTA!
Allora non resistere, lasciati cadere.
Ma non è un consiglio che posso dare a tutti. Anzi, fai finta di non averlo nemmeno letto.
In fondo, forse è davvero meglio morire lentamente, ogni giorno. Indossare un sorriso e dimenticare di essere stati vivi, una volta.
Far finta di niente e tenere duro. Le cose si sistemeranno da sole. Basta solo avere pazienza.
Sì, è senza dubbio meglio così.
Photo by Elena Kalis
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IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“