Nel mio mondo ideale probabilmente il denaro non sarebbe necessario. Ognuno potrebbe contribuire alla società seguendo la propria indole personale, e questo sarebbe il suo “lavoro”.
Non si pagherebbe con i soli mezzi economici, ma anche con la bellezza, con l’arte, con l’allegria, con la serenità o con una porzione del proprio tempo. Mi piacerebbe poter entrare in panificio, declamare una poesia o raccontare una buona barzelletta e uscirmene con il pane per il mio pranzo, per esempio.
Sarebbe una sorta di economia del baratto in cui non vengono scambiati solo merci e servizi, ma tutto quello che contribuisce alla serenità dell’essere umano e al miglioramento della società.
Sarebbe un bel mondo, credo, ma in attesa di vederlo dovremo fare i conti con il denaro ancora per un altro po’.
D’altra parte la moneta è nata in passato proprio per semplificare il baratto. Per gestire lo scambio di merci che non erano disponibili nello stesso momento, magari per la differente stagionalità o provenienza (es: arance e angurie), è nata l’esigenza di un bene intermedio, universalmente riconosciuto.
È importante sottolineare che il denaro non ha un valore intrinseco, non ha cioè nessuna utilità pratica: non si può mangiare o usare per scaldarsi. Il suo valore è solo potenziale e realizzato una volta concluso lo scambio.
L’idea è anche buona, il problema viene fuori quando il denaro smette di essere considerato come un semplice mezzo intermedio, per diventare l’oggetto stesso dello scambio.
Siamo arrivati al punto in cui una persona vende mediamente 8-9-10 ore del suo tempo ogni giorno in cambio di soldi di cui non conosce ancora l’utilizzo. “Intanto mettiamoli via, poi ci pensiamo”.
A causa di questo “distacco”, il denaro è diventato un valore assoluto, un metro con cui misurare molti aspetti della nostra vita. Un lavoro è considerato tanto più preferibile quanto migliore è il trattamento economico. Un uomo è considerato meglio posizionato quanto più consistenti sono le sue ricchezze. La qualità del tempo, la serenità, l’intelligenza, l’eticità del proprio operato, etc vengono considerati solo come aspetti secondari, e nemmeno sempre.
Perdere di vista lo scopo intrinseco del denaro ci ha portato a tutta una serie di perversioni: l’avidità smodata (ci sono persone il cui conto in banca supera il PIL di alcuni Stati minori. Sinceramente… cosa se ne fanno?), la corsa alla crescita insostenibile, i sofisticati giochi economici e di borsa, dove ricchezze vengono distrutte o create dal nulla senza nessuna reale contropartita di utilità sociale.
Secondo Mark Boyle, conosciuto come The Moneyless Man, i soldi hanno creato anche un’altra distanza: quella tra la produzione delle merci e il consumatore finale. Questo ha conseguenze dannose per l’intero pianeta. Dato che ormai si può comprare qualsiasi cosa in un negozio e che gli stabilimenti di produzione sono tenuti lontani dal pubblico, nessuno sa davvero cosa c’è dentro quello che mangia, da dove arriva o da chi viene costruito il proprio cellulare.
Questa distanza a sua volta ha permesso ancora altre perversioni che difficilmente esisterebbero in una società che privilegiasse lo scambio diretto e l’autoproduzione: l’inquinamento, per esempio. Chi spargerebbe pesticidi tossici sul proprio orto o su quello della propria cittadina, sapendo che poi dovrebbe mangerseli assieme alla verdura? Chi inquinerebbe volontariamente l’acqua del proprio pozzo? Chi comprerebbe un oggetto costruito sfruttando il lavoro del figlioletto del vicino di casa?
Facciamo già tutte queste cose, ma lo scambio in denaro rende più distanti le brutture, più facile “chiudere gli occhi” e far finta di niente, quindi… chi se ne frega?
Poi è chiaro che incolpare i soldi di tutti i nostri problemi sociali sarebbe un modo ipocrita di scaricarci la coscienza. Il denaro è solo un mezzo, siamo noi a usarlo male.
Quello che auspico nel mio mondo ideale quindi non è tanto la scomparsa del denaro, ma quella dell’utilizzo perverso che ne facciamo. Vorrei che ci riappropriassimo tutti di una scala di valori più autentici, che premiasse il benessere personale e comune piuttosto che l’individualismo più sfrenato.
Una bella utopia, certo, buona solo per sognarci su. Io comunque, nel dubbio, inizio a scrivere qualche poesia o a inventarmi qualche barzelletta. Sentite questa: c’è un tizio che entra in un panificio…
PS: ah, per chi tra di voi se la cava con i versi, sembra ci siano già più di un migliaio di bar al mondo in cui si può comprare un caffè con una poesia. Ecco un articolo (in inglese) che ne parla. Non è molto, ma è già un inizio!
Photo by epSos.de

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Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“