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Quanto lontano devi andare, per trovarti?

Tempo di lettura stimato : 3 minuti

Sul divano di casa, o dall'altra parte del mondo? Quanto lontano devi andare, per trovare te stesso?

Nella nostra cultura veniamo a conoscenza della parola “viaggio” associandola al concetto di “vacanza”. È il viaggio che conosciamo fin da bambini, quando saliamo per la prima volta in aereo, in treno o in nave e andiamo in villeggiatura con i genitori. Potremmo chiamarlo viaggio “geografico”.

Come saprete, per me il viaggio geografico è stato il mezzo per intraprendere un viaggio di tipo diverso, più intimo. Un viaggio di scoperta interiore.

Mentre un viaggio geografico ci spinge lontano da casa, quello interiore ci richiede di andare lontano da noi stessi, dalle nostre abitudini, da quello che conosciamo o siamo convinti di conoscere.

Andare lontano da se stessi vuol dire mettersi a confronto con situazioni nuove, per osservare le nostre reazioni. È quasi un metodo scientifico: da una parte c’è una sollecitazione, dall’altra una risposta. Analizzando le risposte impariamo qualcosa su noi stessi.

Esempio personale: quando sono andato in Canada, molto prima delle mie “famose” dimissioni, ho incontrato una natura selvaggia che non avevo mai visto prima e sono crollato a piangere. Dentro di me c’era un misto di meraviglia e di dolore per qualcosa che era così bello da essere quasi intollerabile.

La natura selvaggia è stata la sollecitazione nuova, a cui ho risposto con una fortissima emozione, e questo mi ha fatto capire che il mio amore per la natura non era qualcosa di superficiale, ma era più simile a un autentico bisogno.

Questa è l’importanza della novità, di cui ho già parlato in un altro paio di articoli (Accogli l’inaspettato e La metafora del cavatappi).

Viceversa, in una vita abitudinaria, le sollecitazioni sono sempre le stesse, le risposte anche, e così finiamo per imparare poco o nulla.

Viene spontaneo chiedersi: è proprio necessario viaggiare geograficamente per farlo anche interiormente?

Alcuni sostengono che non serva, e che si possa viaggiare interiormente anche dal divano di casa. Per difendere questa idea si cita spesso, e a sproposito, una frase di Proust: “il viaggio non è visitare nuovi luoghi, ma avere nuovi occhi”.

Suona molto bene postata come aforisma su Facebook o Instagram, ma con buona pace di Proust, non mi piace. Questa frase lascia del tutto inespressa una questione fondamentale: come dovrei ottenere nuovi occhi, se passo ogni giorno a fissare sempre le stesse quattro pareti?

Un concetto simile viene espresso da Terzani: “Per viaggiare non serve muoversi: basta sedersi su una panchina affacciata a una strada e lasciare che il mondo scorra davanti a te”.

Ottima per Instagram anche questa, ma forse ci dimentichiamo che Terzani ha viaggiato per mezzo mondo prima di sedersi su quella panchina.

Mi dispiace per i “sostenitori del divano”, ma sono convinto che sbaglino. Qualcosa si può fare, non dico di no. Potremmo iniziare qualche percorso nuovo: c’è chi fa Yoga, meditazione, chi inizia uno sport o qualche altra attività. Leggere molti libri di generi diversi.

Qualche buona scoperta potremmo farla, ma quanto possono cambiare le nostre prospettive se comunque passiamo il 90% del tempo come sempre? Se torniamo a dormire nella solita casa, se mangiamo le solite cose e parliamo con le solite persone?

Certo, potremmo non avere altra possibilità per limiti fisici, economici o familiari (e in quel caso dovremo farcela bastare), ma non è un sistema efficiente quanto viaggiare.

Attenzione: “viaggio” non significa per forza “giro del mondo”.

Ho trovato una parte importante di me stesso a sole tre ore di auto da casa, ma come ci ero arrivato? Camminando per dieci giorni sulle dolomiti, da solo, completamente immerso non tanto in un paesaggio ignoto, ma in un tipo di vita di cui non sapevo nulla. La mia intera giornata era una novità, pur così vicino a casa.

Certo però che quando cambiano anche i panorami, le usanze, le lingue, il cibo e le persone, la novità è davvero dietro ogni angolo. Così troviamo gli estremisti opposti, quelli del “i soldi meglio spesi sono quelli in viaggi” (altra bella frase per Instagram).

Be’, dipende.

Andare lontano anche in senso geografico aiuta molto ma da solo non è una garanzia: durante il mio giro del mondo ho conosciuto tante persone che passavano il tempo a giocare a biliardo, guardare la tv e bere birra. Erano lontane da casa, ma non davano l’impressione di essere molto lontane da se stesse.

Per concludere, quindi, direi che i soldi meglio spesi sono quelli in esperienze e conoscenza, le uniche cose che non passano mai di moda, non si perdono e non si rompono.

Questo include di sicuro un certo tipo di viaggi, fatti in un certo modo, come anche buoni libri e molte altre cose che dovrebbero abbondare nella vita di tutti i giorni.

Il viaggio geografico è sicuramente uno dei migliori metodi in assoluto per avere a che fare con giornate piene di novità, ma per sfruttarla e ricavarne qualcosa per noi stessi dobbiamo permetterci di accoglierla senza filtri, e misurarci su di essa con sincerità.

Non è facile ma si può imparare, e alla fine dei nostri tanti viaggi anche noi avremo quei famosi “nuovi occhi” di cui parla Proust, o potremo sederci sulla panchina di Terzani.

È uscito il mio nuovo romanzo!

THE END

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Maggio 15, 2017 - Viaggi

Sulla Strada Giusta

Il viaggio è negli occhi, nel cuore e nella testa, e non finisce mai.

Da una scogliera a picco sul Mar Glaciale Artico, un uomo respira finalmente la libertà. Intorno ha solo il silenzio e davanti l’orizzonte, infinito e limpido. Appena qualche mese prima non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva trentun anni e un lavoro stabile: il sogno di molti, ma non il suo. Così un giorno ha detto basta e si è messo in cammino su sentieri sconosciuti, per cercare una risposta ai confini del mondo, senza ancora sapere se quello alla vita di prima sarebbe stato un arrivederci o un addio. Dal Sudamerica a Budapest, dall’India alla Scandinavia, tra paesaggi mozzafiato e momenti di intima condivisione, Francesco vive esperienze inattese che gli mostrano chi è davvero, un giorno dopo l’altro. Lontano da casa o tra la propria gente, l’importante è mettersi in gioco. Dopo il successo del blog Wandering Wil e i tantissimi lettori incontrati in Rete, Francesco Grandis è riuscito nell’impresa di pubblicare la sua storia. Sulla strada giusta è un “urlo nel silenzio” per svegliarci dal torpore della routine e ricordarci che se non insegui la felicità non avrai chance di trovarla.

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Wandering Wil

Francesco Grandis
Francesco Grandis, in arte Wandering Wil. Vagabondo del mondo e della vita dal 2009, ma solo part time. Ex ingegnere, ex programmatore nomade, oggi scrittore esordiente e padre.
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