Quando si parla di ‘progresso’ di solito si intende solo quello scientifico o tecnologico, ma esistono almeno altre due forme di progresso che dovrebbero essere prese in considerazione: il sociale e l’etico.
Scienza, tecnologia, società ed etica: queste quattro forme del pensiero umano dovrebbero sempre procedere di pari passo, eppure già nel 1988 Isaac Asimov, diceva: “l’aspetto più triste della vita è che la scienza è più veloce nell’acquisire conoscenza di quanto lo sia la società nell’acquisire saggezza”.
Prendiamo un esempio recente: l’automazione sta diventando sempre più efficiente nel sostituire gli esseri umani in certe professioni. Lo abbiamo già visto nella produzione industriale, ma lo vedremo sempre più spesso anche nella grande distribuzione. In Gran Bretagna già si stanno sperimentando droni volanti per portare pacchi al posto dei corrieri umani, aprono i primi supermercati senza casse, e Tesla sta lanciando le prime solide basi per un sistema di guida autonomo.
È opinione di alcuni (me compreso) che presto o tardi le macchine solleveranno l’uomo da una grandissima parte delle occupazioni di oggi. Dovrebbe essere un bene ma, proprio perché il progresso sociale non sta al passo di quello tecnologico, si affaccia invece un grosso rischio e per qualcuno il campanello d’allarme è già suonato: cosa ne faremo di tutti i disoccupati?
Si parla di reddito universale, di robot tax, di altri palliativi. Il punto è che il progresso in campo tecnologico, correndo, sta per mettere in crisi l’attuale sistema sociale ed economico, che da sempre è basato sul lavoro umano. Come li paghiamo gli stipendi, se non c’è abbastanza lavoro per tutti? Come chiedere a miliardi di persone di dedicare a un mestiere almeno quaranta ore a settimana, undici mesi l’anno, se non sappiamo cosa fargli fare? In breve, non sappiamo come tenere in piedi un’economia che gira solo se la gente lavora.
Ma perché tenerla in piedi, dico io, ora che sta diventando obsoleta? Lasciamocela alle spalle, cambiamo sistema e abbracciamo le nuove possibilità offerte dalla tecnologia! Questo sarebbe mettere alla pari il progresso sociale.
Poi però penso alle otto persone più ricche del mondo, che da sole possiedono tanto quanto la metà più povera della popolazione terrestre (tre miliardi e mezzo di persone); o al presidente di una delle nazioni più potenti al mondo dichiarare che è il momento di “tornare a vincere guerre” (ma con chi? ma di cosa sta parlando?), e mi viene sinceramente da chiedere che tipo di progresso sociale ci sia stato finora.
Sul campo etico non va molto meglio: mentre la nostra scienza corre in avanti e porta sempre più luce nelle zone oscure della conoscenza, l’etica non regge il passo.
Potremmo curare malattie incurabili con cellule staminali, ma rigide regole religiose, stantie di secoli, ci intralciano. Ci sono persone che chiedono il diritto di porre fine alla loro vita, qualora siamo impossibilitati a proseguirla in modo dignitoso (recente il caso di Dj Fabo), ma la nostra etica obsoleta stenta a concederglielo. Ve lo immaginate cosa succederà quando sarà possibile clonare i nostri organi per eventuali trapianti?
Però va tutto bene quando una persona finisce con una corda al collo perché senza lavoro o oppresso dai debiti, oppure quando ricercatori deviati inventano ancora nuovi modi per distruggere esseri umani. Non c’è nessuno che dice: no, così non va bene, questo non si fa.
Amici, ci aspettano sfide terribili in futuro: il clima che cambia, l’ambiente che si impoverisce, le risorse non rinnovabili che termineranno, gli inevitabili cataclismi, i divari sociali ed economici che spingono popoli interi alla disperazione.
Abbiamo solo un’arma contro di esse, ed è il pensiero umano, con la sua creatività e intelligenza. È tempo di usarlo bene, di rimettere in discussione gli aspetti più arretrati del nostro vivere, e di spingere, tutti assieme, sul pedale di un progresso più autentico e compatto.
I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, di Viktor Vasnetsov. Dipinto nel 1887.
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Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“