Mi chiedono spesso cosa hanno pensato gli altri delle mie scelte, come l’hanno presa, se ho mantenuto tutte le amicizie.
Gli altri sono sempre molto presenti nella testa delle persone, soprattutto con le loro opinioni. Io ho trovato buona parte della mia libertà quando ho zittito le voci esterne (articolo), ma d’altra parte in mezzo a quegli “altri” ci sono anche parenti, amici di lunga data, affetti. Legami che non vorremmo rompere, insomma. Allora vi racconto cos’è successo nelle varie fasi del mio percorso personale.
Nel periodo immediatamente successivo alla mia ormai famosa decisione di mollare il lavoro e girare il mondo, la quasi totalità degli altri mi ha preso per matto. Era il 2009, l’inizio della crisi economica, e se perdere un lavoro in quel periodo era una disgrazia, rinunciarci era da mentecatti.
Chi ci teneva a me ha iniziato a farmi domande: “Ma sei sicuro? Ma non conviene aspettare?”
Molti avevano buone intenzioni. Immagino volessero proteggermi, ma di fatto mi stavano appesantendo con paure a cui avevo già deciso di rinunciare. È stato difficile resistere a quella pressione esterna e andare per la mia strada. Mi sono sentito molto solo, però. Ero solo con la mia decisione che nessuno comprendeva. Anche quei pochissimi che ammiravano la mia scelta non l’avrebbero mai fatta a loro volta.
Al ritorno si aspettavano tutti che mettessi la testa a posto, dopo la mia vacanza, e che tornassi in riga. Ma la mia non era stata una vacanza: era stata una rivoluzione interiore di proporzioni cosmiche. Ero sì tornato a casa, ma non ero più lo stesso Francesco che era partito. Avevo messo molta strada tra me e il mio mondo precedente, e assieme ad esso, tutte le persone che lo abitavano.
Ho sentito molto l’effetto di questa distanza, ve lo assicuro.
Molti si sono limitati solo ad accettarla. Non la comprendevano del tutto (qualcuno nemmeno ci ha provato) ma in virtù del tanto tempo trascorso insieme, ne riconoscevano l’esistenza. Io rimarrò sempre quello strano, quello matto, ma almeno si esce ancora a bere una birra assieme.
Altri invece hanno compreso la bontà di certe mie scelte. Hanno avuto bisogno della prova tangibile della mia sanità mentale (nello specifico, assicurarsi che riuscissi ancora a mantenermi), ma alla fine hanno riconosciuto di avere a che fare con un Francesco diverso. Sono le persone con cui è più facile dialogare, ora: la distanza è stata riassorbita.
Purtroppo devo anche annoverare tra gli “altri” anche alcuni legami che invece non hanno né compreso né accettato. Per loro ho fatto qualcosa di talmente lontano dal proprio modo di vedere le cose che non l’hanno mai voluto considerare, come se non fosse mai avvenuto. Tornavo da un nuovo viaggio e “è andato bene?”, “Si”, “Ah ok” e poi si parlava del nuovo locale che avevano aperto sul lungomare.
Tu hai una rivoluzione dentro, una protogalassia di emozioni e idee che non vedi l’ora di trasformare in stelle e pianeti, ma a questa viene preferita la solita vecchia conversazione vuota e ritrita, quella da cui in fondo sei scappato tanto tempo fa.
Come ho risolto?
Beh, ho resistito. Ci ho provato per un bel pezzo. Ma un giorno mi sono reso conto che la distanza che avevo messo tra me e queste vecchie amicizie era semplicemente troppa. Quando ignorano gli ultimi anni della mia vita, è come se ignorassero una parte di me. Sono amici non di quello che sono, ma di quello che ero, di un Francesco che non esiste più.
Allora, anche quell’amicizia sta meglio lì, nel passato.
Al ritorno da ogni viaggio ho dovuto tagliare molti rami secchi o malati. È stato doloroso all’inizio, ma poi mi sono reso conto che questo non faceva che rinvigorire la pianta nel suo insieme, e dava nuova linfa ai germogli appena nati.
Photo by Carsten Tolkmit

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IFALIK
Avventura | Mistero | Riscatto
“Salgo sul Trono di Pietra, lascio spaziare lo sguardo
su quello che è a tutti gli effetti il mio dominio, e penso a tutte le cose che mi mancherebbero se me ne andassi o a tutte le cose che non sopporto più. Qui sono contemporaneamente libero e non lo sono. Sono un re prigioniero.“