
Quando vivevo a Treviso avevo una casa con un piccolo giardino e un grosso problema di zanzare. Da maggio a ottobre mi era impossibile uscire senza essere attaccato da uno stormo di insetti ematofagi, a meno di non essermi dato due mani abbondanti di pesticida e di aver indossato una tuta protettiva modello apicultore di Chernobyl.
Il comune non faceva molto per la prevenzione, così ho provato ad arrangiarmi con una piccola disinfestazione privata, ma era come scavare un buco nell’acqua: eravamo circondati da altri giardini e da prati e piante che non erano stati trattati. Lì, al riparo dai nostri veleni ma ancora a distanza di appetito, le zanzare erano libere di riorganizzarsi e pianificare il prossimo attacco. E infatti nel giro di un paio di settimane la guerra ricominciava.
Dopo un paio di tentativi ho rinunciato: quello delle zanzare era un problema che dovevamo risolvere con un trattamento a livello di quartiere o, meglio ancora, di comune. Tutti assieme.
Ma figurati! Tra vicini che si stavano sul cazzo, gente che sparlava, quello che l’ha fatto l’anno scorso ma nessuno mi ha seguito quindi adesso vi arrangiate… sapete come funzionano queste cose. Ognuno guarda il suo giardino, pensa ai propri interessi, e si fottano gli altri.
Non siamo molto propensi alla collaborazione, vero?
Non penso sia questione di ignoranza o di poca cultura, non sempre almeno: penso piuttosto che sia una banalissima questione di abitudine, di educazione ricevuta, tramandata di padre in figlio.
Non è forse vero che fin da piccoli siamo stati abituati a vivere con una distinzione netta tra “noi” e “loro”?
E “loro” erano di volta in volta i vicini di casa, quelli che vivevano dall’altro lato della strada, quelli della provincia confinante che non sapevano guidare, quelli che andavano in moto o in bici (ma dipende anche da che moto e che bici!), quelli che ascoltavano musica diversa o pregavano un dio con un altro nome, quelli che tifavano per una maglietta a righe orizzontali invece che verticali, quelli con un cane o con un gatto, quelli che votavano in un modo o in quello opposto, quelli che avevano troppi soldi o troppo pochi, quelli con una sfumatura diversa sulla pelle, quelli che arrivavano dal sud o a est o dall’altra parte di un mare.
C’è sempre stata una linea tracciata a terra a dirci che “noi” siamo diversi da “loro”, e a quella linea ci siamo abituati al punto da considerarla normale, perché se credi sufficientemente a lungo in qualcosa finisce per diventare la tua verità.
Quando si passa a un quartiere un po’ più grande, però, i problemi si complicano. Quelli che dovrà affrontare l’umanità del futuro prossimo non hanno precedenti nella storia: l’impronta delle attività umane sul pianeta continua ad espandersi, l’inquinamento è senza freni, i cambiamenti climatici sono fuori controllo, la plastica è già entrata nella catena alimentare. E oltre all’ambiente abbiamo migrazioni incontrollate, e divari sempre più grandi tra chi ha tutto e chi non ha niente. Continuo?
Sono problemi che dovrebbero essere trattati a livello globale con una strategia efficace e condivisa da tutti, e invece vedo ancora tanti piccoli giardini: uno mette al bando le buste di plastica, l’altro le forchettine (ma poi rinuncia perché i produttori si lamentano), l’ambientalista della domenica si scarica la coscienza con lo spazzolini da denti in legno di bambù, intanto un imbecille rilancia sulle miniere di carbone.
Divisi e inutili, come tanti buchi nell’acqua.
Riusciamo a sentirci fratelli di un estraneo perché ha i nostri stessi gusti musicali, ma non riusciamo a provare nulla per un poveraccio che nella sua vita cerca esattamente quello che cerchiamo noi: un po’ di serenità.
Intanto i grandi poteri, non so se per miopia o crudele calcolo, traggono profitto dalle divisioni. Ricalcano bene quella linea che divide “noi” da “loro”, evidenziano le differenze e le incompatibilità, applicando alla perfezione una strategia militare che esiste da secoli: “dividi e conquista”. Frammenta il tuo nemico e sarà più facile controllarlo.
La soluzione?
Smetterla di sentirci divisi, e di farci dividere dalle propagande. Superare le diversità che non contano niente e puntare su quello che invece ci unisce.
Non sto dicendo che dobbiamo amarci come fratelli, sarebbe bello ma non sono così ingenuo. Però dobbiamo arrivare almeno al semplice rispetto reciproco, a una convivenza pacifica che ci permetta di collaborare per un fine comune che è più grande di ognuno di noi: il benessere di tutti.
Insieme possiamo essere forti, divisi finiremo schiacciati, tutti, sia “noi” che “loro”.
E poi sottoterra saremo tutti uguali.
È uscito il mio nuovo romanzo!
THE END
Thriller distopico
Abiti in un mondo perfetto, vivi una vita lunghissima, muori il giorno prestabilito. Ma se scoprissi che il prezzo da pagare è altissimo?